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AREVA, la Francia e il Niger. Chi trova l’Uranio trova un tesoro?

Aggiornamento: 3 lug 2020

La poesia “Mi illumino di Uranio”, parafrasando Giuseppe Ungaretti, è più che mai attuale. La multinazionale francese AREVA è leader nella produzione di energia elettrica e lo stato francese è l’azionista di maggioranza. La Francia produce la maggior parte della sua elettricità dalle sue centrali nucleari. Da qui l’esigenza francese di approvvigionamento energetico in Niger, ex colonia francese e con enormi riserve di uranio. Ma quanto è “pulita” l’energia prodotta con l’uranio nigeriano e quali sono le conseguenze?

AREVA in Francia

In un mondo sempre più interconnesso, l’approvvigionamento energetico diventa critico per lo sviluppo e la crescita economica. La Francia ha nei decenni perseguito l’autarchia energetica, in altre parole l’autosufficienza. In tale direzione, la fonte fossile dell’energia nucleare è stata concepita come elemento chiave per arrivare a questo fine. Nel 2016, oltre il 72% della energia generata nel paese è stata prodotta da centrali nucleari. È emersa così negli anni la necessità francese di essere leader nel settore, dalla materia prima al prodotto finale.

AREVA, rinominata di recente Orano, è la compagnia francese a direzione pubblica che opera verticalmente nel campo dell’energia nucleare, ovvero dall’estrazione mineraria dell’uranio al suo arricchimento fino alla gestione dei rifiuti. Lo stato francese è azionista maggioritario con più dell’45% dell’azioni e tramite aziende controllate statali arriva al 90%. Di fatto ha potere decisionale sine qua non sulle strategie aziendali.

In Africa, invece, l’influenza di Parigi è forte sul lato politico-economico. Nei decenni, la Francia ha adottato un approccio di realpolitik, o pragmatismo politico, con le ex colonie africane. È sufficiente citare la continua presenza militare francese nei territori del Sahel, fascia di paesi sottostante il deserto del Sahara. Con il fine di porre in sicurezza i territori del Sahel dai jihadisti, la Francia ha fra i 4000 e 5000 soldati in missione permanente, di cui in Niger 700. In Niger, la repubblica transalpina ha continuato a perpetrare i suoi interessi commerciali dopo la decolonizzazione, soprattutto nell’industria estrattiva dell’uranio. Per esempio, Sarkozy, ex Presidente della Repubblica francese, nel 2009 si recò personalmente in Niger per assicurarsi che AREVA ottenesse un nuovo contratto estrattivo per la miniera più grande del Niger, dopo che una impresa cinese era entrata in competizione.



AREVA in Niger

Il Niger è il sesto paese al mondo per riserve di uranio e quarto produttore al mondo dopo Canada, Uzbekistan e Australia. AREVA possiede tre delle quattro miniere presenti nel paese e fino al 2007 aveva il monopolio sull’estrazione dell’uranio in tutto il paese. La miniera più famosa è quella della città di Arlit, nel nord del paese, aperta negli anni 60’. Popolazioni locali e OGN internazionali come Greenpeace denunciano [i] le forti conseguenze ambientali, sociali e politiche in uno dei paesi più poveri al mondo.


In un contesto dove la popolazione locale spesso non è a conoscenza di cosa sia la radioattività e quindi anche dei problemi legati, i cittadini di Arlit soffrono le esternalità negative della miniera. Essi riportano [ii] che tonnellate di scarti di produzione vengono lasciati all’aria aperta. Infatti, per produrre 1kg di uranio vi sono 335kg di scarti di produzione radioattivi. Inoltre, fino all’incidente di Chernobyl, i lavoratori in miniera non avevano protezioni contro le radiazioni ed oggi gli ospedali locali dichiarano tassi di problemi respiratori e tumori superiori a quelli delle regioni limitrofe. Infine, 270 miliardi di litri di acqua sono stati usati a fini estrattivi inquinando la falda da cui si approvvigiona la città e, da rilevazioni, il materiale radioattivo nel terreno è stimato fino a 100 volte superiore i massimali imposti dall’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, per garantire la salute.

Rilevanti sono state anche le conseguenze politiche [iii]. La distribuzione iniqua dei ricavi non è stata a vantaggio delle popolazioni locali, le quali hanno perso la vegetazione locale e pascoli attorno alla miniera. Nel 2007, la popolazione locale dei Tuareg, gruppo etnico nomade che abita i territori del Sahel, è insorta reclamando auto-determinazione per il proprio popolo nella regione e maggiori guadagni dall’industria estrattiva presente sull’area per controbilanciare le conseguenze sulla salute. Nel 2012, il gruppo islamico terroristico Al-Qaeda fece esplodere delle bombe in un attacco suicida alla miniera, danneggiando gravemente le strutture e uccidendo civili.

Conclusione

In un mondo che ha riconosciuto l’esigenza della transizione energetica, dalle fonti fossili a quelle rinnovabili, AREVA continua a produrre uranio. Le popolazioni locali riportano forti conseguenze negative. Al contempo, fonti legate ad AREVA dichiarano il loro non coinvolgimento con le condizioni sanitarie della popolazione locale.

La contrattazione asimmetrica fra Francia e Niger è rappresentativa dei forti interessi che Parigi continua a perpetrare nella ex colonia. I rischi associati all’estrazione di uranio dal sottosuolo sono riconosciuti internazionalmente. Così la Francia, nonostante abbia Uranio sul territorio nazionale, preferisce estrarlo in Africa. Enormi sono i conseguenti problemi ambientati, sanitari ed economici per le popolazioni locali. L’industria dell’estrazione dell’uranio si offriva come soluzione per eradicare la povertà ma anche la distribuzione dei profitti si rivela iniqua.

In uno stato dove il 60% dei cittadini vive con meno di 1 dollaro al giorno e il 90% non ha accesso all’elettricità, si stima che un terzo delle lampadine in Francia si acceda grazie all’uranio del Niger. L’Italia [iv] è il terzo paese al mondo per importazione dell’energia elettrica e l’80% di questa viene da Francia e Svizzera. Quanto è “pulita” allora l’energia a casa nostra?

Referenze

[iii] Robinson, Paul; Hector, Alice; Luis, Judy; Benavides, David; Hancock, Don (1979), "Uranium Mining and Milling: A Primer" (PDF), The Workbook, Albuquerque, New Mexico: Southwest Research & Information Center, 4 (6–7), archived from the original (PDF) on July 8, 2010, retrieved December 9, 2012

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