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Carceri: dalla Norvegia l’esempio di un sistema diverso e conveniente

Già nel ‘700 Voltaire affermava che “il grado di civiltà di un Paese si misura osservando le condizioni delle sue carceri”, focalizzando l’attenzione sul sistema carcerario come cartina tornasole dell’intero sistema politico e sociale di una Nazione. Fin dal 1983 il rapporto SPACE (Statistiques Pénales Annuelles du Conseil de l’Europe) fotografa la situazione carceraria di tutti i Paesi membri del Consiglio d’Europa, permettendo di avere un quadro definito e in grado di farci comprendere pienamente le differenze fra diversi Stati e sistemi.


L’edizione 2019 del rapporto SPACE[1] aggiorna i dati in nostro possesso su tutti gli aspetti del sistema carcerario europeo, analizzando il numero totale delle persone che si trovano in situazione di privazione della libertà personale (1.540.484 in tutta Europa, 106 ogni 100.000 abitanti), i flussi di ingresso all’interno degli istituti penitenziari, i livelli di sovraffolamento, le informazioni legate alla tipologia di reato commesso, i costi e il rapporto fra detenuti e personale.


Particolarmente interessante è il dato che si ricava sui suicidi in carcere, che registrano una media di 5.7 casi ogni 10.000 detenuti in tutta Europa. Se si prendono in considerazione i casi per singolo Paese si può notare come esistano differenze enormi fra i singoli Stati, con dati preoccupanti in Austria (12.8 casi su 10.000), Danimarca (12.5 casi su 10.000), Estonia (16.7 casi su 10.000), Francia (14.7 casi su 10.000) e Italia (10.01 casi su 10.000); situazione completamente opposta in realtà come Norvegia (3.1 casi su 10.000), Irlanda (2.5 casi su 10.000), Polonia (3.3 casi su 10.000) e Svezia (3.3 casi su 10.000).


Per quali motivazioni esiste uno squilibrio così ampio fra i diversi Paesi europei? Su quale aspetto possiamo concentrare la nostra attenzione, per comprendere al meglio il fenomeno? I dati del dossier Morire in carcere[2] forniscono indicazioni dettagliate sullo stato delle carceri italiane, sul livello di sovraffolamento (il nostro Paese ospita 119 detenuti per 100 posti disponibili) e sulle morti all’interno dei nostri istituti penitenziari. Queste informazioni ci permettono di confrontare la situazione italiana con quella della Norvegia, uno dei Paesi europei con il sistema carcerario più avanzato del continente, in seguito alla riforma del 2008, che indica una strada completamente diversa sul funzionamento del sistema della giustizia dello stato scandinavo.


Gli istituti penitenziari di Halden[3] e Bastoy[4] sono la rappresentazione pratica di come una diversa modalità di approccio alla detenzione e alla funzione rieducativa della pena non solo è possibile ma risulta molto più utile all’intera società. Una organizzazione e una funzione completamente differente degli spazi comuni e delle celle, la realizzazione di un rapporto innovativo fra detenuti e personale carcerario e un investimento economico importante all’interno del sistema della giustizia sono la chiave di volta del sistema norvegese e dei suoi risultati sorprendenti.


In conclusione, possiamo affermare che il pensiero di Voltaire resta tuttora valido e illuminante, in grado di segnalare la via da percorrere verso un sistema sociale più giusto ed equo. Riuscirà il nostro Paese a seguire l’esempio delle Nazioni virtuose, nella battaglia per innalzare quel grado di civiltà tanto caro al filosofo francese?


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