I risultati del referendum costituzionale degli scorsi 20 e 21 settembre 2020 ci consegnano il 69,6% degli elettori che approva il taglio di 345 parlamentari, completando l’ultimo passaggio del procedimento di modifica costituzionale previsto dall’Articolo 138 della Carta. Si è opposto al taglio il 30,4% dei cittadini che si sono recati alle urne, un risultato non scontato se si considera che nessuna forza politica si è schierata apertamente per il “NO” al referendum[1].
L’approvazione della riforma costituzionale apre una nuova stagione di modifiche dell’assetto istituzionale per il nostro Paese, che non potrà essere affrontata con pressapochismo ma che dovrà necessariamente tenere conto di differenti fattori per continuare a garantire il corretto funzionamento del Parlamento e la giusta rappresentanza dei territori all’interno delle due Camere.
L’approvazione di una nuova legge elettorale, la necessità di ridisegnare i collegi elettorali, la modifica dei regolamenti parlamentari possono apparire come questioni di poco conto ma, al contrario, rappresentano gli spartiacque fondamentali fra una democrazia riformata correttamente e un pasticcio irrimediabile.
Nel concreto appare assolutamente fuori luogo il dibattito[2] sulla legge elettorale maggioritaria, che penalizzerebbe ulteriormente le rappresentanze territoriali che escono già ridotte dal testo costituzionale riformato. Una legge a trazione maggioritaria (chi ha più voti vince tutto) metterebbe l’ipoteca finale sull’ingresso in Parlamento delle forze politiche minori, con il rischio concreto di tenere milioni di elettori al di fuori dei processi decisionali e di rappresentanza. Con Camera e Senato ridotte è evidente quanto sia importante puntare su un modello proporzionale, con soglia di sbarramento inferiore al 5%, per permettere una quanto più ampia rappresentatività del corpo elettorale.
Direttamente collegato al tema della riforma della legge elettorale è la modifica dei collegi che dovrà garantire, in particolare alle piccole Regioni, un adeguato accesso alla redistribuzione dei seggi. In particolare, è da scongiurare l’accorpamento dei territori minori a quelli più grandi, che avrebbero maggiori possibilità di eleggere i propri rappresentanti a scapito dei primi; ad esempio: se il collegio elettorale della Basilicata (500.000 di abitanti) venisse accorpato con quello della Campania (5.000.000 di abitanti) quante possibilità avranno gli elettori lucani di eleggere un proprio rappresentante, rispetto ai votanti campani?
Infine, resta aperta la questione della modifica dei regolamenti parlamentari che allo stato attuale vedono la presenza di ben 14 commissioni permanenti[3], che dovranno essere riformate per permettere a Camera e Senato di lavorare nel miglior modo possibile, scongiurando il blocco delle attività delle due Assemblee legislative.
Insomma, la chiusura della campagna referendaria e il risultato favorevole al taglio dei seggi apre una stagione di modifica degli assetti istituzionali per nulla scontata: riuscirà la politica a riformare sé stessa senza arrivare ad una situazione di stallo e senza creare situazioni di evidente malfunzionamento delle nostre istituzioni? Ai posteri l’ardua sentenza.
[1] https://www.swg.it/home-en [2]https://www.repubblica.it/politica/2020/09/23/news/legge_elettorale_il_vademecum_le_posizioni_dei_partiti_sulla_riforma_che_verra_-268268841/
[3] https://www.senato.it/1095
Commentaires