Non è raro sentire la notizia dello scioglimento di un comune per infiltrazioni mafiose, ma qual è il significato di questa affermazione, cosa comporta e quanti comuni in Italia sono stati sottoposti a questa procedura? Quando si parla “scioglimento di un comune per infiltrazioni mafiose”(I) ci si riferisce a una misura di carattere preventivo e straordinario che si rivolge ad un’intera amministrazione comunale, e non al singolo, in presenza di collusione tra la criminalità organizzata e l’organo elettivo. Non una punizione, dunque, come si potrebbe erroneamente pensare, ma un tentavo di salvaguardia dell’amministrazione dalle conseguenze negative del rapporto con organizzazioni criminali che tentano di immettersi nella macchina statale fin dai livelli più bassi. L’origine della norma risale al 1991 e nacque in situazione di emergenza, durante una faida di ‘Ndrangheta a Taurianova, in provincia di Reggio Calabria,(II) che portò alla morte di dodici persone in quindici giorni e pose sotto gli occhi dell’opinione pubblica il problema della relazione tra Mafia e amministrazioni locali obbligando il governo dell’epoca, il VII ed ultimo esecutivo presieduto da Giulio Andreotti, ad agire in modo celere. Per questo motivo il 31 Maggio dello stesso anno fu promulgato il DL 165/1991, convertito in legge il 22 luglio seguente, che introdusse lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose nel novero di norme contenute nella legge n°55 dell’anno precedente in merito alla “prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale”. Attualmente la legge originaria è completamente abrogata e sostituita dagli articoli 143-146 del "Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali" (TUEL, decreto legislativo 267/2000). Alla base dello scioglimento di un comune per mafia vi sono condotte e situazioni ben precise, rese più stringenti dalle ultime modifiche normative a fronte di un precedente testo molto vago. Importante notare è che non vi è la necessità di comportamenti penalmente perseguibili; non è necessario che l’amministrazione abbia messo in atto azioni con una rilevanza penale, anche senza addentrarsi nella materia dei reati connessi alle associazioni mafiose. Ciò che va provato per ricorrere allo scioglimento è la presenza di elementi «concreti, univoci e rilevanti» in merito a relazioni tra la criminalità organizzata di tipo mafioso e gli amministratori, o forme di condizionamento di questi il cui risultato sia così profondo da “determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali”, andando quindi a danneggiare il processo decisionale degli organi e la loro azione, con conseguenti ripercussioni negative sulla popolazione, o ancora che tale relazione possa dar luogo a un «grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica». L’intento è prevenire che l’intromissione delle organizzazioni criminali nell’attività amministrativa possa arrecare danno alla cittadinanza, prescindendo da quali norme dell’ordinamento questa abbia infranto o possa infrangere. In questo si concreta il suo carattere preventivo e non punitivo. (III) Come molte procedure simili anche quella che porta allo scioglimento è ricca di passaggi burocratici e valutazioni attente che, se da una parte consentono di agire solo in situazione di reale necessità, non rendendolo uno strumento atto all’eliminazione di amministrazioni scomode, dall’altro rischiano di allungare troppo i tempi in casi in cui questo procura un danno sempre maggiore alla popolazione. L’iniziativa appartiene al prefetto al quale giunga informazione, da parte della magistratura o delle forze dell’ordine, della possibilità di infiltrazioni delle criminalità organizzata nel comune o ente locale in questione. A questo compete l’accesso agli atti e la creazione di una commissione apposita volta ad indagare sull’attività dell’amministrazione, commissione che si compete di funzionari della prefettura e delle forze dell’ordine (polizia, carabinieri e Guardia di Finanza, generalmente tutti e tre presenti). Scopo della commissione è preparare una relazione conclusiva da presentare al Prefetto, che diventa il tramite attraverso cui l’esito dell’attività di indagine giunge al Ministro degli Interni. Verificata la presenza degli elementi che rendono lo scioglimento necessario e legittimo è il titolare del Viminale che porta l’atto finito davanti al Consiglio dei Ministri. La delibera di questo è infatti il passaggio finale della procedura, precedendo il Decreto del Presidente della Repubblica che dispone lo scioglimento dell’ente. Il decreto stesso predispone la Commissione Straordinaria per la gestione, la cui azione rimane vincolata a quanto dispone lo stesso DPR, rendendola quindi tendenzialmente modellabile sulle esigenze del singolo ente. La commissione, composta da tre membri, mantiene il suo ruolo fino alle successive elezioni e non gode di poteri straordinari di tipo amministrativo. Il decreto può successivamente essere impugnato attraverso le normali vie per il ricorso amministrativo, Tar e successivamente Consiglio di Stato, dai membri dell’organismo sciolto. Vicini al trentesimo compleanno della normativa è importante fare un bilancio e vedere in tre decenni quante volte questo meccanismo è stato messo in pratica e portato a termine nelle varie realtà locali. C’è da premettere che si parla per la maggior parte di comuni piccoli; attualmente, infatti, l’unico capoluogo di provincia che sia mai andato incontro a scioglimento per infiltrazioni della criminalità organizzata è stato Reggio Calabria, nel 2012. La città versava in una situazione di grave dissesto finanziario, che unita alle relazioni di esponenti dell’amministrazione con personalità delle cosche locali, favorì l’approvazione di un decreto di scioglimento votato all’unanimità dall’intero Consiglio dei Ministri, all’epoca presieduto da Mario Monti. (IV) Dure furono le reazioni politiche, soprattutto dal centrosinistra, proprio perché in oltre vent’anni dai primi provvedimenti in materia ci si trovava davanti allo scioglimento di capoluogo di provincia
Attualmente i decreti emanati ex art 143 TUEL sono stati 571(V), divisi in 220 di proroga e 351 di scioglimento vero e proprio. Di questi 23 sono stati annullati e 54 archiviati, ma ci sono stati anche comuni interessati più volte dalla procedura. 50 gli enti sciolti due volte, diciotto quelli il cui scioglimento è stato decretato tre volte; tra questi Taurianova, la cittadina calabrese da cui tutto era iniziato. (VI)
Totalmente sono quindi stati 301 gli enti sottoposti a verifica dal 1991 al 2021, 265 gli enti complessivamente interessati dallo scioglimento. Tredici su venti le regioni italiane che possono tristemente vantarsi di avere almeno un comune in questa lista.
A guidare la poco edificante classifica si trova la Calabria, che conta 123 amministrazioni sciolte e 23 decreti di archiviazione: la regione ha visto almeno uno scioglimento l’anno dal 1991, ad esclusione del 1994 e del 1999.
Seguono la Campania, 111 decreti di scioglimento e 9 archiviazioni, la Sicilia, 85 scioglimenti e 6 archiviazioni, e molto sotto la Puglia, che conta “solo” 19 amministrazioni sciolte e la promulgazione di 3 decreti di archiviazione.
Calabria e Campania sono le due regioni in cui i provvedimenti hanno riguardato anche Aziende Sanitarie e Ospedaliere, precisamente quattro nella prima e due nella seconda tra il 2005 e il 2019. (VII)
Queste quattro vengono indicate come regioni a tradizionale insediamento mafioso, ma anche la storia dello scioglimento delle amministrazioni per infiltrazioni della criminalità organizzata ci racconta un panorama di azione delle consorterie mafiose molto più ampio e variegato.
Perché se la matematica non è un’opinione ci si rende conto facilmente del numero di regioni “non tradizionalmente mafiose” che rientrano in questo gruppo: nove, più del doppio delle precedenti, quasi metà di quelle totali.
I numeri sono per tutte molto più bassi, non si superano in nessuna regione le tre unità e in diversi casi abbiamo più archiviazioni che decreti terminati con lo scioglimento ma restano indubbiamente numeri interessanti per chi si domanda “c’è la mafia al nord?”. Perché di queste nove sono ben sei quelle site nel centronord del paese: Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Veneto, quest’ultima con un solo procedimento all’attivo, datato 2020 e terminato con un’archiviazione (risalgono all’ultimo anno anche gli unici due decreti riguardanti la Val d’Aosta, dii cui uno archiviato).
Completano la lista Basilica, Lazio e Sardegna, tutte nella media delle regioni nordiche. (VIII)
Il triste premio di primo comune nordico sciolto per infiltrazioni è di Bardonecchia, in Val Susa, provincia di Torino e cittadina teatro anche dei Giochi Olimpici Invernali del 2006. (IX)
L’infiltrazione mafiosa nel comune Piemontese, come in diverse altre realtà della regione, ha matrice Ndranghetista e si rifà alla figura di Rocco Lo Presti. La stessa criminalità originaria della Calabria sarà dietro lo scioglimento, nel 2012, di altri due comuni del Torinese, Leinì e Rivarolo, (X) e nel 2013 dell’unico scioglimento avvenuto in Lombardia (altri tre procedimenti erano stati archiviati), nel comune di Sedriano, provincia di Milano. (XI)
Più articolata è invece la vicenda che riguarda la città di Roma(XII), che per il suo ruolo di Capitale e per le sue peculiarità politiche e amministrative subì una sorte meno pesante quando, nel 2015, le infiltrazioni criminali vennero allo scoperto nella gestione del X Municipio, comprendente Ostia.
Sotto la vigenza del governo Renzi, con a capo del Viminale Angelino Alfano, l’esecutivo decise di sciogliere la sola amministrazione municipale lasciando al suo posto il sindaco Ignazio Marino, le cui dimissioni arrivarono pochi mesi più tardi per altre ragioni, affiancato dal prefetto Franco Gabrielli al fine di occuparsi dei temi più urgenti legati alle emergenze sociali della città e al Giubileo che si stava celebrando.
La vicenda Ostiense era legata al clan Fasciani, autoctono della zona e non di “importazione” come i casi sviluppatisi nel nord Italia.
Trarre una conclusione sull’utilità di questa normativa non è semplice; la peculiarità dei singoli comuni rende impossibile valutare globalmente i decreti di scioglimento senza privare ogni realtà della sua contestualizzazione sociale, politica ed economica. Certamente il triste elenco di amministrazioni sciolte una pluralità di volte dà un’idea chiara sulla capacità della criminalità organizzata di farsi spazio tra le fila della politica e inquinare l’azione democratica dei rappresentanti eletti, e questo rende importante la presenza di una norma che possa agire prima dei tempi lunghissimi della giustizia italiana (assurdo sarebbe pensare di attendere un terzo grado di giudizio, spesso capace di arrivare anni dopo la fine naturale di un mandato elettivo).
Stretta tra il prevenire e il curare la normativa sullo scioglimento delle amministrazioni locali per mafia resta, al momento, uno degli strumenti più rapidi per salvaguardare la popolazione prima ancora di punire i colpevoli.
Forse un atto di lotta alla mafia più importante di quanto si creda.
Referenze
I https://www.avvisopubblico.it/home/home/cosa-facciamo/informare/documenti-tematici/comuni-sciolti-per-mafia/scioglimento-delle-amministrazioni-locali-infiltrazioni-mafiose-successiva-incandidabilita-scheda-sintesi-della-normativa/ II https://www.wikimafia.it/wiki/index.php?title=Strage_del_Venerd%C3%AC_nero_di_Taurianova III http://www.carabinieri.it/editoria/rassegna-dell-arma/la-rassegna/anno-2011/n-3---luglio-settembre/studi/lo-scioglimento-dei-consigli-comunali IV https://www.repubblica.it/cronaca/2012/10/09/news/scioglimento-44197399/ V https://www.avvisopubblico.it/home/home/cosa-facciamo/informare/documenti-tematici/comuni-sciolti-per-mafia/amministrazioni-sciolte-mafia-dati-riassuntivi/ VI https://www.avvisopubblico.it/home/wp-content/uploads/2020/12/05.-Riepilogo-per-regione.pdf VII https://www.wikimafia.it/wiki/index.php?title=Comuni_sciolti_per_mafia#Aziende_ospedaliere_sciolte_per_mafia VIII https://www.avvisopubblico.it/home/wp-content/uploads/2020/03/10.Riepilogo-regioni-a-non-tradizionale-insediamento.pdf IX https://it.blastingnews.com/opinioni/2013/11/bardonecchia-il-primo-comune-del-nord-sciolto-per-mafia-nel-1995-0042140.html X https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/23/piemonte-dopo-leini-amcj/238979/ XI https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/16/ndrangheta-sciolto-comune-di-sedriano-e-primo-in-lombardia/745299/ XII https://www.lastampa.it/politica/2015/08/28/news/il-governo-scoglie-il-municipio-di-ostia-per-mafia-marino-sotto-tutela-con-superpoteri-a-gabrielli-1.35236150 Immagine: https://tuttoggi.info/wp-content/uploads/2014/04/fascia-sindaco-tricolore.jpg
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