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Dalla padella alla brace: cosa ci dice il Rapporto Annuale 2020 sulla povertà?

ISTAT


Recentemente è stato pubblicato il nuovo Rapporto Annuale 2020 firmato ISTAT. Questo importante volume permette di analizzare i vari contesti socio-demografici ed economici del nostro paese da un punto di vista neutrale ed attraverso l’utilizzo di dati statistici certi. In questo modo si riesce ad avere un’immagine nitida e completa della situazione italiana. L’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) fu istituito nel 1926, inizialmente con il compito di curare meramente le statistiche in capo al Ministero dell’Agricoltura. In quegli stessi anni nasce la convinzione dell’importanza di creare un Istituto per l’analisi statistica a livello nazionale così da poter capire e studiare più approfonditamente i fenomeni rilevanti nel contesto italiano (I).


RAPPORTO ANNUALE (II)


Una volta apprese le nozioni di base riguardanti l’ISTAT, possiamo analizzare a grandi linee cosa ci dice il Rapporto Annuale 2020 sul contesto italiano e, specificatamente, come l’Italia si mostra agli occhi di un osservatore in tema di povertà. Il rapporto si sviluppa in cinque capitoli:

1) Il quadro economico e sociale

2) Sanità e salute di fronte all’emergenza COVID-19

3) Mobilità sociale, diseguaglianze e lavoro

4) Il sistema delle imprese: elementi di crisi e resilienza

5) Criticità strutturali come possibili leve della ripresa: ambiente, conoscenza, permanente bassa fecondità

In questo articolo ci proponiamo di analizzare principalmente il quadro economico e sociale (CAPITOLO 1), la mobilità sociale, le diseguaglianze e il lavoro (CAPITOLO 3).


IL QUADRO ECONOMICO E SOCIALE (III)


Non si può dire che il quadro economico italiano risulti florido. Il 2019 aveva già visto un rallentamento per l’economia italiana con una forte stagnazione. L’impatto del Covid non ha di certo giovato alla già poco prospera situazione. Il PIL (prodotto interno lordo), infatti, è diminuito in modo significativo (-5,3%). La Figura 1 mostra chiaramente come a causa dell’emergenza sanitaria il PIL sia diminuito in tutti i paesi riportati nel grafico. Dalla figura si nota come l’Italia (in blu scuro) partisse già da una situazione economica non ottimale, a differenza di altri paesi, rischiando così di trovarsi in una più forte difficoltà durante la crisi. In Italia l’emergenza sanitaria ha portato ad una importante contrazione degli investimenti seguita dalle diminuzioni di importazioni, esportazioni e dei consumi. Proprio per quanto riguarda i consumi, gli acquisti di beni durevoli e di servizi sono significativamente diminuiti (-17,5% e -9,2%) gravando in maniera pesante sull’economia italiana.


Figura 1: Primo trimestre 2019 - primo trimestre 2020 (variazioni rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente) (Fonte: ISTAT, 2020)


Anche il mercato del lavoro sta affrontando un periodo buio, connotato da una forte diminuzione degli occupati e dei posti di lavoro disponibili. L’epidemia in soli due mesi (marzo e aprile) ha infatti colpito fortemente il numero di occupati con una riduzione di quasi 400 mila unità (Figura 2). Dalla figura è facilmente visibile l’inversione nella curva degli occupati già dall’inizio del 2020 per poi arrivare ad una quasi “caduta libera” da marzo in poi. Questa situazione se protratta a lungo nel tempo potrebbe portare ad un forte aumento della povertà sia assoluta che relativa nel nostro paese andando a danneggiare significativamente il trend appena positivo dell’ultimo anno. (povertà assoluta e relativa sono argomenti già trattati da Dispari qui). Difatti, prima dell’emergenza sanitaria, la situazione italiana sembrava in miglioramento. L’incidenza della povertà assoluta familiare era diminuita dal 7% (2018) al 6,4% (2019), e quella individuale dall’8,4% al 7,7%. Nonostante ciò l’Italia, già prima della recente crisi, si collocava in una posizione non ottimale, con più di un 1,6 milioni di famiglie in povertà assoluta nel 2019 (in termini di individui si arrivava a quasi 4,6 milioni). L’emergenza sta quindi di aggravando una situazione di certo non florida, portando il paese a cadere “dalla padella alla brace”.


Figura 2: Gli occupati da Gennaio 2014 ad Aprile 2020 (Fonte: ISTAT, 2020)


MOBILITÀ SOCIALE, DISEGUAGLIANZE E LAVORO (IV)


L’emergenza sanitaria ha avuto senza dubbio un impatto negativo sul sistema italiano, ma “la pandemia da COVID-19 si è innestata su una situazione sociale caratterizzata da forti disuguaglianze, più ampie di quelle esistenti al momento della crisi del 2008-2009” (ISTAT, 2020). Dal rapporto annuale si capisce infatti come le diseguaglianze economiche, sociali e di opportunità fossero già molto diffuse nel nostro paese, ben prima della recessione dovuta dal Covid. Per riuscire a capire meglio le disuguaglianze nel contesto socio-economico Italiano ci soffermeremo brevemente sulla mobilità sociale. Innanzitutto, cosa è la mobilità sociale? Riportando la definizione della Treccani, possiamo definire la mobilità sociale come il “passaggio di individui o gruppi da uno strato sociale all’altro, o da una posizione all’altra, che può essere di classe, di ceto o di stato” (Treccani, V). Essa permette quindi di capire quanto facilmente un individuo riesca a migliorare (o anche possa peggiorare) il proprio status sociale rispetto a quello di partenza o dei propri genitori. Analizzando i dati su questo tema, si può osservare come le generazioni dal 1941 fino al 1971 abbiano fatto registrare forti miglioramenti della mobilità sociale. Queste generazioni hanno infatti avuto maggiori possibilità di aumentare il proprio status sociale rispetto a quello dei propri genitori. Questo è avvenuto in maniera particolare per le generazioni 1957-1971. Per le più recenti generazioni (1972-1986) si è invece riscontrata una situazione inversa, si è cioè verificata una forte diminuzione del tasso ascendente della mobilità ed un aumento del tasso discendente. In parole più semplici, nelle ultime generazioni non solo si riscontrano meno possibilità di migliorare la propria posizione sociale rispetto a quella dei genitori, ma si ha anche un maggiore rischio di peggiorare il proprio status. Dalla Figura 3 infatti, si può osservare come la linea della mobilità ascendente sia ad U rovesciata (minore mobilità per la generazione del 1941, ma soprattutto per le ultime generazioni, forte mobilità sociale per le generazioni centrali) e come la mobilità discendente sia cresciuta fino al 26,6%, un dato sconfortante se confrontato con le altre generazioni (rispettivamente circa 22%, 20% e 18%). La situazione diventa ancora più grave se si confrontano il tasso ascendente con quello discendente: le generazioni 1972-1986, per la prima volta dal 1941, presentano una mobilità discendente maggiore rispetto all'ascendente. Questi dati non lasciano spazio a visioni positive per quanto riguarda il miglioramento della situazione povertà in Italia, poiché in assenza di mobilità sociale le possibilità di un reale cambiamento risultano minime.



Figura 3: Occupati a 30 anni per posizione sociale rispetto alla famiglia di origine e generazione (ISTAT, 2020)


CONCLUSIONI


Il Rapporto Annuale 2020 dipinge una situazione certamente non ottimale, alquanto aggravata dalla recente emergenza sanitaria. L’Italia si trova sull’orlo di un baratro, con un PIL devastato, una forte contrazione degli investimenti e ingenti diminuzioni di importazioni, esportazioni e dei consumi. A peggiorare la situazione si aggiungono una forte riduzione dei posti di lavoro ed una sempre più bassa mobilità sociale. Uno dei principali rischi è una potenziale crescita della povertà nel breve-medio periodo a causa delle molte contrazioni economiche attualmente in corso.

In questo tale contesto, sarebbero necessari forti interventi pubblici per rilanciare il paese e far ripartire l’economia. La politica italiana si trova quindi davanti ad un bivio: adoperarsi per creare maggiore lavoro oppure per creare maggiore consenso. Quale sarà la scelta?


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