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Differenze nella spesa per consumi in Italia


Zygmunt Bauman nel 2007 scriveva l’opera “homo consumens”, affermando che la società in cui viviamo ci ha trasformati in “uomini consumatori” e che il fine principale per tutti noi è quello di consumare merci e servizi offerti da altri (mercato o Stato).

Questo concetto, per quanto possa essere visto in chiave polemica è invece molto utile per osservare l’andamento dell’economia. Se il fine ultimo dell’uomo è consumare, Nazioni che vedono i propri consumi molto alti sono Nazioni più ricche e prosperose rispetto ad altre con consumi più bassi, ed i propri abitanti consumando di più sono teoricamente più felici.


Questo concetto è apprezzato anche dalla statistica, ed essa per quantificare l’andamento economico di una nazione insieme agli indici più famosi (il pil e il reddito) utilizza anche le spese effettuate per i consumi. Questi ultimi inoltre sono molto utili in quanto sono relazionati in maniera diretta con altri indicatori fondamentali (reddito, occupazione, inflazione ed andamento dei prezzi).


Focalizzandoci sulle spese per consumi, una società senza disparità dovrebbe avere un’omogenea distribuzione delle spese per consumi su tutto il territorio nazionale. Ebbene, l’Italia non la ha. Soffermiamoci su un punto: la crisi economica ha colpito profondamente questo indicatore. Nel 2011 una famiglia italiana in media spendeva 2640 al mese, nel 2018, dopo ben sette anni e nonostante l’inflazione sia cresciuta del 15,3% [i], la cifra è di € 2571.



Differenze fra macroregioni



Questa somma però non è suddivisa in maniera equa nello Stivale. Secondo un’analisi Istat[ii], nel 2018 le famiglie del Nord-Ovest spendevano in media €2866, quelle del Nord-Est €2783 e quelle del Centro €2723. Questi importi sono superiori alla media nazionale, ciò sta a significare che il Meridione e le Isole hanno una spesa media per consumi inferiori e questi “spingono” indietro la media nazionale. Infatti, il Sud con i suoi €2087 e le Isole con €2068, spendono rispettivamente €484 e €503 in meno rispetto alla media.


Comparando il territorio più “spendaccione” e quello più “parsimonioso” la differenza è abissale: ben €798 euro in meno; ciò sta a significare che le famiglie isolane rispetto alle omologhe del Nord-Ovest spendono il 28% in meno, e quei 798 euro di differenza tra le due famiglie corrispondono al 36,8% delle spese totali sostenute dalla famiglia isolana. Questa percentuale, per quanto allarmante, è in calo rispetto agli anni precedenti con l’apice negativo osservato nel 2009, dove la differenza di spesa tra territorio più “spendaccione” e quello più “parsimonioso” era pari al 45% dell’importo totale speso dalla famiglia media del territorio più parsimonioso.


“Spendaccione” ed “parsimonioso” logicamente sono termini ironici, non siamo nella favola della cicala e della formica. È palese che nonostante un reddito differente, una diversa composizione della spesa e diverse attitudini al consumo, spendere quasi €800 in meno [iii] per le vicissitudini della propria famiglia palesa un enorme gap in termini di stile di vita e benessere, gap che vede penalizzate Sud e Isole, rispetto ad un Nord e un Centro Italia che producono di più e consumano di più.


Osservando la composizione della spesa è possibile osservare una altra tendenza: le regioni del Sud e delle Isole, nonostante una spesa complessivamente minore, spendono in termini percentuali di più per le cosiddette “spese necessarie” cioè per le spese alimentari. A monte di una percentuale media nazionale del 18% per le spese alimentari, il Sud spende il 22,9% e le Isole il 21,3% per esse, rispetto al più contenuto 16% del Nord-Est. Questo mostra che già considerate le minori capacità di spesa, al Sud e alle Isole più di un quinto dei consumi sono devoluti per consumi necessari, levando quindi dalle risorse già inferiori importanti somme di denaro utilizzabili per altri consumi che sono quindi sottorappresentati.


Spesa mensile per consumi delle famiglie, media nazionale e per ripartizione geografica, dal 2008 al 2018, fonte Istat:



Differenze fra regioni



Il panorama già sbilanciato osservando le macroregioni si acuisce ancora di più quando andiamo ad analizzare le singole regioni.

Ricordando la media nazionale pari a 2571 euro, la provincia autonoma di Bolzano ha una spesa media per i consumi pari a 3.325 euro ed è il territorio dove la spesa per i consumi è più elevata. A seguire la Lombardia con 3.020 euro e la Valle d’Aosta con 3.018 euro. Generalizzando, tutte le regioni del Nord mostrano una spesa per i consumi superiore alla media nazionale, con le sole eccezioni, minime, della Liguria (2.537 euro) e il Friuli-Venezia Giulia (2.537 euro). Occorre ripetere che spese per consumi inferiori non riflettono necessariamente un ritardo economico, ma possono rappresentare anche abitudini di spesa differenti, una differente propensione al risparmio, un diverso livello dei prezzi o dell’inflazione.


A presentare gli estremi di un ritardo economico che si palesa sulla spesa famigliare per consumi è senza dubbio il caso del Meridione e delle Isole [iv]. In tutte queste regioni, nessuna esclusa, la spesa per consumi media è inferiore rispetto alla media nazionale. Le famiglie che spendono di meno sono quelle Calabresi, con 1902 euro che seguono le Sicule con 2036 euro e le Pugliesi con 2056 euro. (Qui[v] per analizzare i differenti panieri di spesa per regione).


Andando ad osservare la forbice più ampia il dato è inquietante: le famiglie della provincia di Bolzano spendono ben 1423 euro in più rispetto a quelle Calabresi. Questo sta a significare che esse spendono il 43% in meno e i 1423 euro di differenza equivalgono a quasi il 75% della cifra totale mensile spesa da una famiglia calabrese. Come ricordiamo la differenza di spesa tra una famiglia del Nord-Ovest ed una isolana (798 euro) era pari al 38,6% della spesa di quest’ultima. Questo dato per quanto severo ci aveva dato speranza in relazione a una lenta riduzione di questo sfortunato indice.


Paragonando però ora la provincia autonoma con i consumi più alti con la regione con consumi più bassi il dato è pesantissimo. 1423 euro sono una cifra astronomica, pare quasi impossibile che nella stessa nazione ci possano essere squilibri così elevati. Allo stesso modo lo “sfortunato indice” ora è quasi raddoppiato (75% rispetto al 38,6%), un dato che non può dare assolutamente, allo stato attuale, alcun barlume di speranza. In questo caso non è possibile imputare nessuna giustificazione: non esiste abitudine di spesa, andamento dei prezzi o inflazione che regga; una differenza così netta è frutto di un diverso quadro economico, come se osservassimo due territori che fanno parte di Nazioni o epoche storiche differenti.


Questa veloce conclusione va di pari passo con tutta un’altra serie di indici che prima ho solamente citato (pil, reddito) e che magari tratteremo di seguito. Bisogna quindi ammettere che la favola di Esopo in questo caso cozza con la realtà, il Sud parsimonioso non lo è per le stesse ragioni della formica, ma per un ritardo economico.


Occorre ricordare che questi dati sono riferiti all’ultima analisi istat sull’argomento (2018) ed è ancora impossibile auspicare quali siano i possibili scenari sui consumi dovuti al Lockdown di questo periodo, stimato da parte di Codacons [vi]come una costrizione dei consumi di quasi 70 miliardi e, soprattutto, che impatto avranno sulla distribuzione della spesa in chiave territoriale. Per quanto i consumi siano importanti in chiave economica e per quanto Bauman sia stato considerato, suo malgrado, in chiave statistica, citando un famoso cantante bolognese “dalle ultime ricerche di mercato, si evince che la gioia è ancora tutta da inventare”.



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