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Diritti civili e App Immuni: rischi e opportunità della tecnologia per i nostri diritti

Aggiornamento: 20 lug 2020

Per diritti civili s’intendono tutti quei diritti di cui godono i cittadini di uno Stato in quanto tali[1]. Costituiscono i diritti civili tutti quei diritti considerati fondamentali ed inviolabili e dunque non soggetti alla coercizione statale, se non in conseguenza di un reato. In Italia, i diritti civili sono sanciti dalla nostra Costituzione[2] nella Parte I “Diritti e Doveri del cittadino” al Titolo I “Rapporti Civili”, articoli 13-28, nonché garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea[3] e dalla partecipazione dell’Italia all’Onu. Per essere concreti i diritti civili altro non sono che tutte quelle libertà individuali che garantiscono l’autodeterminazione degli individui in quanto tali, senza distinzione di sesso, razza, religione e quant’altro. Dei diritti civili fanno parte, tra gli altri, la libertà di pensiero e di espressione, l’uguaglianza dinnanzi alla legge e la segretezza delle comunicazioni, anche nota come privacy. L’articolo 15 della nostra Costituzione recita infatti: “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.”


Il diritto alla privacy è stato lungamente dibattuto anche a livello europeo, fino a portare alla stesura di un Regolamento Europeo (2016/679)[4], anche noto come GDPR, acronimo di “General Data Protection Regulation”. Considerato uno dei più avanzati testi di legge a protezione dei dati sensibili mai redatto finora, all’articolo 1 si legge che “il presente regolamento stabilisce norme relative alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché norme relative alla libera circolazione di tali dati; che il presente regolamento protegge i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche, in particolare il diritto alla protezione dei dati personali; e che la libera circolazione dei dati personali nell'Unione non può essere limitata né vietata per motivi attinenti alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali”. La protezione dei dati viene quindi ritenuta un diritto e una libertà fondamentale sia a livello nazionale che sovranazionale e per questo motivo può entrare in conflitto con altri capisaldi costituzionali come, ad esempio, il diritto alla sicurezza e alla salute pubblica.


Ed è proprio in questo panorama che la nuova applicazione per smartphone Immuni[5] emerge con forza nel dibattito pubblico. Proposta per la prima volta lo scorso aprile, questo programma ha suscitato reazioni contrastanti tra chi, come il Governo, ne giustifica l’utilizzo per ragioni sanitarie e di sicurezza e chi invece ne teme le possibili conseguenze per la tutela della privacy dei cittadini. Ma quali sono esattamente i vantaggi e le criticità di Immuni?

Luca Ferrari, uno dei cofondatori del progetto, ha pubblicato sul sito gratuito Github[6] un documento contenente le specifiche dell’applicazione in un plateale gesto di trasparenza. Secondo questa fonte Immuni, che potrà essere scaricata solo da coloro che hanno più di 14 anni, richiederà all’utente di accettare le condizioni per il trattamento dei dati personali in ottemperanza al GDPR. Questo significa che l’applicazione avrà le stesse limitazioni nell’utilizzo dei nostri dati di qualsiasi altro software oggi in circolazione, da Whatsapp a Facebook a Google Maps. Inoltre, si differenzia da quest’ultimo programma in particolare perché Immuni non utilizzerà la triangolazione satellitare tramite GPS ma piuttosto si affiderà ai segnali bluetooth criptati degli altri dispositivi che stanno usando l’applicazione per avvisarci qualora fossimo entrati in contatto con persone contagiate, anche se asintomatiche.


Se fin qui non sembrano esserci particolari ragioni per diffidare di questo strumento innovativo, bisogna però anche tenere in considerazione le conclusioni che il COPASIR[7] (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica) ha tratto nella "Relazione sui profili del sistema di allerta Covid 19" , dove viene sottolineato che l’app presenta ancora diversi aspetti critici che devono essere corretti “per evitare che l'efficacia dell'iniziativa risulti ridotta, e, soprattutto, che si possano determinare rischi connessi sia alla trasmissione dei dati dei cittadini, in ordine al rispetto della privacy e alla sicurezza dei dati personali, sia in particolare alla stessa gestione complessiva, dal punto di vista epidemiologico, dell'emergenza sanitaria”. Appare quindi evidente che diverse modifiche dovranno essere apportate all’applicazione prima che possa effettivamente essere utilizzata sul suolo nazionale.


Immuni rappresenta ancora una volta nella sua interezza le opportunità ed i rischi legati ad un avanzamento tecnologico. Un vero e proprio bivio morale, vecchio come il mondo: libertà individuale o sicurezza generale? Non è in fondo lo stesso bivio posto alla nascita dello Stato? Sulla scia delle più basse polemiche da bar si potrebbe dire che Immuni sarebbe solo un’altra delle app che traccia i nostri spostamenti e le nostre interazioni, ma che sta volta il tracciamento non sarebbe volto a commercializzare i nostri desideri, quanto più a salvaguardare la salute dei cittadini. Altri risponderebbero che il libero mercato e le decisioni individuali sono frutto di libera scelta, mentre lo Stato è l’unico ad avere un potere coercitivo tale da renderlo malvisto ai più. In conclusione, l’Italia non è di certo l’unico paese ad avere in cantiere un progetto del genere e questo non lascia molta fantasia per il futuro: le app di tracciamento statale arriveranno, magari non domani, ma arriveranno e con esse arriverà una revisione dei diritti così com’è stato in tutte le epoche storiche.


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