La più grande preoccupazione nella prima ondata da Covid19 nel nostro paese è stata quella riguardo la capacità del servizio sanitario delle regioni del Sud di reggere l’enorme mole di ricoveri e terapie intensive causate dal virus[i]. Con l’odierna ondata la paura è tornata. La domanda da farci è: perché questa paura esiste? E soprattutto, perché l’opinione pubblica si è fortemente interessata al servizio sanitario Meridionale quando impazzava nello stivale un virus capace di mietere 35000 vittime in circa tre mesi?
La risposta è presto detta: il servizio sanitario delle regioni del Sud è meno efficiente di quello Settentrionale; quindi, a parità di violenza dell’epidemia, ci sarebbero stati danni maggiori se il virus avesse colpito il Sud rispetto al Nord. Questa però non è una facile approssimazione o un infelice luogo comune, è invece un dato di fatto evidenziato da diversi studi e ricerche. Nell’articolo andremo a osservare due importanti indicatori del sistema sanitario, uno di percezione ed uno di performance. Questi metteranno in luce la disparità nella sanità nel nostro paese. Non avremo però il fine di definire le colpe ed i meriti, ci focalizzeremo soltanto sullo stato dell’arte attuale.
Mobilità interregionale
L’SSN permette a tutti i cittadini di poter liberamente usufruire di tutte le sue strutture cliniche ed ospedaliere all’interno del territorio nazionale anche al di fuori della regione in cui si dimora[i]. E’ facile e giusto dunque pensare che i pazienti scelgano di spostarsi dalla propria regione per raggiungere, per fini sanitari, regioni con servizi sanitari considerati più efficienti. La celeberrima espressione di C. Tiebout “votare con i piedi” acquisisce pieno valore in questa fattispecie. I pazienti mostrano la loro preferenza spostandosi dove credono di ricevere un servizio migliore.
Andandoci a interessare ai flussi sanitari è possibile vedere come le regioni del Nord (Lombardia e Emilia Romagna in primis) attirino nelle loro strutture pazienti da tutta l’Italia. Caso opposto invece per le regioni del Sud: queste vedono molti loro pazienti “emigrare” per motivi sanitari senza che attirino a loro volta un flusso pari in entrata.
Il problema della mobilità sanitaria, che demarca una certa differenza di servizio percepita dai pazienti stessi è ancora più preoccupante se ci si focalizza sul problema dei rimborsi. l’SSN rimborsa con una quota di finanziamento extra quelle regioni che attirano più pazienti e, per reciproco, sottrae fondi a chi “perde” pazienti.
Come è facilmente intuibile, regioni con servizi sanitari percepiti come più efficienti sono maggiormente finanziate, ed esse, con i fondi extra possono migliorare le proprie performance ed attirare ancora più pazienti. Le regioni soprattutto meridionali che invece già ora sono considerate meno efficienti e hanno una “emorragia” di pazienti, ricevono anno dopo anno meno fondi per ammodernare le strutture ed i trattamenti, aumentano il gap già presente [ii].
Indicatore cumulato del servizio
La mobilità sanitaria, per quanto sia un segnalatore affidabile è comunque rapportata a quello che la gente pensa sia meglio. Ci si può anche spostare in una regione con un servizio sanitario peggiore pensando, a torto, che sia oggettivamente migliore del proprio. Per questo motivo studiosi e ricercatori hanno creato vari indicatori di performance che cercano di descrivere in maniera oggettiva l’efficienza e la qualità che il servizio sanitario offre. Nell’immagine qui sotto[iii] sono proposti i tre indici più autorevoli; sono stati costruiti
mettendo insieme indicatori di output, di efficienza ospedaliera, di appropriatezza nelle cure e di risultato finale.
La classifica di tutti e tre gli indicatori, per quanto mostri macroscopiche differenze converge su un punto: le regioni del Sud sono meno efficienti e sono sempre ai piedi delle classifiche.
I due diversi studi mettono in evidenza guardando da prospettive completamente diverse come non esista un SSN unico che garantisca l’uguaglianza di trattamento a tutti i pazienti in tutto il territorio nazionale, ma che esistano 21 micro sistemi sanitari regionali. Il problema principale sorge quando ogni regione offre i propri servizi in maniera diseguale, creando pazienti di serie A, coloro che vivono in regioni con un buon sistema sanitario o che hanno possibilità economica di spostarsi, e pazienti di serie b, cioè coloro che devono accontentarsi delle cure peggiori che offre la propria regione. E’ dunque più che legittimo temere che non tutte le regioni riescano ad affrontare l’emergenza Covid nella stessa maniera e che territori meno efficienti e meno finanziati possano accusare di più il colpo.
Referenze
[i] https://www.agi.it/cronaca/news/2020-03-08/coronavirus-esodo-meridionali-appello-governatori-7375996/
[ii] F. Toth "La sanità in Italia" Il Mulino, pag. 80
[iii] https://www.ilsole24ore.com/art/i-pazienti-la-valigia-spostano-46-miliardi-euro-sud-nord-ACK7wNc
[iv] F. Toth "La sanità in Italia" Il Mulino, pag. 86
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