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Fatevene una ragione: non sono le ONG a far partire i migranti dalla Libia

Aggiornamento: 24 giu 2020


Nell’audace Call me by your name, regia di Luca Guadagnino, ad un certo punto Elio sussurra sommessamente ad Oliver:

“Se sapessi quanto poco so delle cose che contano davvero.”

In Italia il fenomeno migratorio conta e tanto ma i politici di ogni schieramento continuano ad orientarne le scelte sulla base del senso comune e si affidano al dato per energizzare una certa narrazione più che per restituire all'opinione pubblica un quadro d’insieme del fenomeno. Il risultato è che in Italia d’immigrazione sappiamo poco e molte dinamiche che diamo per certe sono frutto di pregiudizi radicati.



Uno sguardo agli ultimi dati


Da inizio anno ad oggi, 24 giugno, in Italia sono sbarcati circa 5832 migranti (i). Ora che è estate, si prospetta un rialzo del numero di arrivi, anche se il picco raggiunto nel triennio 2014-2016 non verrà presumibilmente replicato. Guardando agli ultimi cinque anni, con tutta probabilità quello corrente non registrerà un numero di arrivi anomalo ma, se restringiamo il campo agli ultimi due, gli sbarchi fino ad oggi sono stati più del doppio dello stesso periodo del 2019 (ii).


Fonte: Elaborazione statistica della Fondazione ISMU sulla base dei dati del Ministero dell'Interno e dell'UNHCR.


Fonte: Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Ministero dell'Interno.



Falsi miti: le ONG ed il pull factor


Matteo Salvini, leader della Lega ed ex Ministro dell’Interno, ha fiutato l’occasione e riprendendo il dato, ha accusato il governo di foraggiare il business dell’immigrazione. Anche se negli ultimi tempi le preoccupazioni degli Italiani sembrano essere rivolte più all’emergenza sanitaria che ad altro, Salvini non ha mai smesso di cavalcare l’onda lunga degli sbarchi, desideroso di canalizzare il dibattito pubblico sul suo terreno di scontro preferito.


C’è però una grande novità nella strategia comunicativa del leader della Lega. Se prima, oltre ad essere organizzata in “combutta” con gli scafisti, l’opera di soccorso delle ONG nel Mediterraneo era associata ad un maggior numero di partenze, oggi questa tesi è pubblicizzata di meno. Perché? Dalla prospettiva di un migrante sembra un argomento logico: se so che le navi delle ONG sono in attività e possono salvarmi c’è più possibilità che io accetti il rischio di partire.


In realtà, pur essendo plausibile sostenere che esista un legame tra attività di salvataggio delle ONG e numero di partenze, nessuna ricerca sui pull factors dell’immigrazione, cioè i fattori che spingono a partire, conferma questa ipotesi. Anzi, sembra proprio che tra le due non ci sia alcun nesso.

Chiarire quest’aspetto è fondamentale, perché continua ad esserci molta confusione sul ruolo delle ONG e ciò crea un cortocircuito che porta molti a sottostimarne il fine ultimo: quello di salvare vite umane. (iii)


Il grafico lo mette in risalto piuttosto bene. Nei mesi del 2018 in cui operavano molte ONG sono morte meno persone.



Cosa fanno le ONG nel Mediterraneo


Le navi ONG presidiano il Mediterraneo dall’inverno del 2014, ma il loro coinvolgimento nelle operazioni di soccorso è cresciuto di pari passo con il progressivo annullamento delle missioni di soccorso attive nel Mediterraneo. In effetti, a fine 2014 la missione Mare Nostrum, coordinata dalla marina militare italiana e mirata alla salvaguardia della vita in mare, ha chiuso i battenti anche per le numerose critiche ricevute.


Le missioni varate dall'Unione Europea per colmarne il vuoto, Frontex Plus, Triton, Themis e Sophia, hanno contribuito ai salvataggi ma non hanno mai fatto della ricerca e del soccorso di naufraghi l’attività principale, occupandosi più che altro di pattugliamento e controllo delle frontiere.


Come evidenziato dal grafico, negli ultimi anni l’attività di salvataggio delle navi ONG ha sopperito per larghi tratti all'assenza di missioni specifiche di soccorso.



Fonte: Elaborazione di dati dell'UNCHR e della Guardia Costiera in "Sea Rescue NGOs: a Pull Factor of Irregular Migration?" di Matteo Villa ed Eugenio Cusumano.


Il nodo centrale



Chiedersi perché l’Unione Europea non ne abbia predisposto alcuna ci porta al nucleo del problema. Al di là della guerra di trincea, sembra che le posizioni di Salvini e di Frontex, l’Agenzia della guardia costiera europea, non siano poi così distanti. Come Salvini, anche l’Unione Europea, per tramite di Frontex e non solo, ha spesso sostenuto “politiche di deterrenza” nei confronti dei salvataggi in mare delle ONG, con la convinzione che le attività di soccorso incentivassero le partenze.



Una ricerca empirica


Interrogandosi su questo tema, nel 2019, i ricercatori Matteo Villa ed Eugenio Cusumano hanno pubblicato lo studio “Sea Rescue NGOs: a Pull Factor of Irregular Migration, per conto del Migration Policy Center, prestigioso centro di studi sull’immigrazione (iv).


L’ analisi mette in relazione il numero di partenze dalla Libia nel periodo 2014-2019 con il numero di navi ONG che vi operavano nello stesso arco di tempo. I risultati sono per certi versi sorprendenti, dal momento che lo stesso Villa era partito con l’idea che ci fosse una correlazione positiva, benché minima, tra il numero di partenze e le possibilità di soccorso. (v)


Lo studio però dimostra che l’attività delle ONG al largo della costa libica non incentiva in alcun modo le partenze, che sembrano invece influenzate dalle condizioni meteorologiche e dagli accordi tra Italia e Libia, di recente confermati dal rinnovo del Memorandum of Understanding. (vi)


Ad esempio, nel 2015 il numero di partenze dalla Libia è diminuito rispetto all’anno precedente nonostante i salvataggi operati dalle navi ONG siano passati dallo 0.8 % del totale nel 2014 al 13% nel 2015.



Fonte: Elaborazioni di Eugenio Cusumano e Matteo Villa su dati UNCHR, IOM e della Guardia Costiera Italiana in "Sea Rescue NGOs: a Pull Factor of Irregular Migration?"


E ancora, al crollo delle partenze registrato tra luglio ed agosto 2017, che coincide col primo accordo tra Italia e Libia, si sovrappone la massima frequenza operativa delle navi ONG nelle attività di soccorso.


Ciò suggerisce che ad influenzare i flussi migratori, più che i salvataggi delle ONG, siano stati gli accordi stessi.


I risultati ottenuti da Villa e Cusumano per il periodo 2014-2019 trovano riscontro anche nel primo semestre del 2020. Dal 1° gennaio al 17 giugno, con le ONG al largo della costa libica, sono partiti in media 57 migranti al giorno. Senza ONG, le partenze quotidiane sono state circa 60.



I dati del quinquennio 2014-2019 ed i primi del 2020 confermano, dunque, che tra attività di soccorso delle navi ONG e numero di partenze dalla Libia non c’è alcuna relazione significativa ed ogni tesi che rilancia tale connessione è semplicemente falsa.


Su queste basi, la gestione del fenomeno migratorio a livello italiano ed europeo deve trascendere il paradigma miope delle politiche di deterrenza dei salvataggi in mare.


Se la presenza delle ONG non incentiva le partenze, scoraggiarne l’attività senza che siano predisposte missioni di salvataggio ufficiali ha un’unica triste conseguenza: un costo umano che si sarebbe potuto evitare.

Referenze


(i) Dati sugli Sbarchi, Gennaio 2020, pubblicato dalla Fondazione ISMU

(ii)Cruscotto Statistico Giornaliero del 19 Gennaio 2020, pubblicato dal Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione del Ministero dell'Interno.

(iii) C. Heller & Lorenzo Pezzani, 2017 "Blaming the Rescuers"pubblicato per Forensic Oceanography.

(iv) E. Cusumano & Matteo Villa, 2019 "Sea Rescue NGOs: a Pull Factor of Irregular Migration?"pubblicato dal Migration Policy Center.

(v) Articolo di Open Migration, 12/12/2019 "Le attività di salvataggio delle Ong non incoraggiano le partenze" di Paolo Riva.







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