Papàperscelta è l’account Instagram di Christian e Carlo, papà di due gemelli eterozigoti, Julian e Sebastian. Christian e Carlo vivono a Coriano (RN) e, dopo essersi uniti civilmente nel 2017, hanno portato avanti una maternità surrogata a Las Vegas da cui sono nati i piccoli gemelli. Autori del libro “Papà per scelta,” Christian e Carlo cercano di sensibilizzare il pubblico social su temi che sono ancora molto spesso trascurati dai media italiani, come l’omogenitorialità e l’omofobia. Seguendoli da qualche anno su Facebook e Instagram ho potuto constatare che, oltre ad una penna invidiabile, i due papà hanno la capacità di sovvertire luoghi comuni e stereotipi, rendendo i propri follower coscienti dell’esistenza di una realtà diversa da quella “famiglia tradizionale” profetizzata da qualche esponente politico e religioso e dando speranza a migliaia di componenti della comunità LGBTQ+ che sognano di potersi costruire una famiglia in un paese che tuttora non riconosce loro tutti i diritti necessari.
La lettera di Carlo
Uno dei post più recenti pubblicati da @papàperscelta è infatti un’ennesima denuncia, questa volta diretta al mondo delle pubblicità in cui stereotipi sessisti e di genere sono purtroppo ancora perpetrati. "Grazie mamma!" è lo slogan che si trova sul fondo del pacco delle salviette Fissan, azienda esperta in prodotti per la cura della pelle dei bambini. Carlo non ci sta e decide di scrivere una lettera su Instagram indirizzata al direttore della Fissan per farsi “promotore di una visione più realistica della società.” Carlo racconta di come, da due anni, dorma mediamente 6 ore a notte, cambi circa 12 pannolini al giorno, faccia 10 lavatrici a settimana, e chiuda gli occhi pensando al modo migliore per educare i suoi figli. Niente di diverso da ciò che tante mamme fanno durante la giornata insomma, eppure Carlo e tutti gli altri papà non sono menzionati su quelle salviette. Carlo parla a nome di quei padri “stanchi di essere considerati una figura accessoria, dimenticabile, trascurabile, omettibile.” Come riportato nella lettera, “Grazie mamma!" è un messaggio che “sottintende il più classico degli stereotipi sessisti, promosso da quel patriarcato tossico che crede ancora in una netta divisione dei compiti domestici.” Infatti, ciò che questo tipo di pubblicità comporta non è solo una categorizzazione del padre come figura genitoriale non deputata alla cura dei figli, ma anche una circoscrizione del ruolo materno esclusivamente a questa mansione. Qualcuno potrebbe pensare che, al giorno d'oggi, non ci sia più chi considera la madre come "colei che cucina, lava e stira" e il padre come "colui che porta la pagnotta a casa.” Permettetemi di smentirvi.
La reazione del pubblico e la risposta della Fissan
La risposta dei follower infatti non è stata un'unanime condivisione del pensiero di Carlo, come ci si aspetterebbe da una società moderna del 2020. Mentre molti hanno lodato il messaggio di cui il giovane papà si è fatto portavoce, altri hanno postato commenti offensivi e denigratori, facendo emergere una mentalità ancora troppo chiusa e delle idee pericolosamente patriarcali. Tra i commenti più preoccupanti emergono luoghi comuni e sessisti come "Le donne devono tornare a fare le mamme come una volta" oppure "La donna deve fare la madre, il padre lavorare per la famiglia." La critica all'incapacità di guidare delle donne sembra essere un evergreen e non mancano anche uomini che si vantano di non aver mai cambiato un pannolino perché "ci sono mamme e nonne per quello." Ovviamente non è difficile neanche trovare insulti omofobi mirati a sminuire la virilità di Carlo e il suo diritto a costruirsi una famiglia: "Sei una femminuccia" e ancora "Non sarai mai mamma. La natura non è uno stereotipo sessista." Ed ecco che anni di battaglie sociali vengono annullati da quello che all'apparenza potrebbe sembrare un semplice commento social, ma che nasconde in realtà malsane idee sessiste. Si delinea quindi un quadro allarmante della società in cui una fetta della popolazione ritiene che l'unico dovere di una donna sia essere madre e accudire i figli. La donna non può quindi avere aspirazioni, sogni da realizzare o obiettivi da raggiungere. Allo stesso tempo, l'uomo non deve angosciarsi per le faccende di casa che gli sottraggono virilità, ma occuparsi unicamente del sostentamento economico di moglie e figli. Visto il polverone alzato dalla lettera, la risposta della Fissan non ha tardato ad arrivare. In un messaggio indirizzato a Carlo infatti, l'azienda si è giustificata spiegando che l'intenzione dello slogan non era quella di discriminare i papà e che si impegnerà a realizzare campagne pubblicitarie più inclusive.
1950 o 2020? Il mondo stereotipato delle pubblicità
La lettera di Carlo solleva però un altro quesito molto importante: quale effetto possono avere queste pubblicità sull'audience? Studiando da tre anni la comunicazione dei media e l'influenza che essi hanno sulla società, posso affermare che brand, pubblicità, cinema, e televisione conservano ancora un enorme potere e, come zio Ben disse a Peter Parker, “da grandi poteri, derivano grandi responsabilità." Evidenze empiriche dimostrano che rappresentazioni televisive realistiche di determinati temi e gruppi sociali possono ridurre i pregiudizi tra gli spettatori. I media infatti hanno la possibilità e, a mio parere, anche una sorta di obbligo morale di rappresentare la diversità e le molteplici realtà esistenti, capovolgendo gli stereotipi sociali derivanti da secoli di cultura patriarcale. Erano gli anni 50 quando in una pubblicità americana di cravatte, la moglie si inginocchiava ai piedi del letto portando la colazione al marito, o quando lo spot di Alcoa pubblicizzava bottiglie che "PERSINO" una donna poteva aprire. Sono davvero innumerevoli le pubblicità riprovevoli di quegli anni a partire dal sessismo del set di pentole come "regalo perfetto" per una donna, passando per il razzismo del sapone che etichettava i bambini neri come "sporchi," fino ad arrivare all'uomo che calpestava la moglie in una pubblicità di tappeti e alla domanda "E' sempre illegale uccidere una donna?" come titolo di uno spot per contatori postali. Non è però necessario viaggiare così indietro nel tempo per trovare spot offensivi e stereotipati. Sono passati solo 9 anni da quando, nel 2011, Mastro Lindo ha pubblicizzato le sue "gomme magiche" con lo slogan "Questa festa della mamma, torna al lavoro che conta davvero." La formula era accompagnata dall'immagine di una mamma che insegna come pulire un vetro a sua figlia, sottintendendo come le faccende di casa fossero competenze prettamente femminili e addirittura abilità da tramandare alle proprie figlie. Altrettante anche le pubblicità body-shaming che restituiscono un'immagine del corpo femminile e maschile non inclusiva, trasmettendo il messaggio che un "corpo perfetto" esiste e può essere raggiunto, ma che la maggior parte delle volte non combacia con quello dello spettatore. Anche se non ce ne rendiamo conto, le pubblicità influenzano considerevolmente le nostre scelte; dagli smartphone ai computer di ultima generazione, passando per elettrodomestici, vestiti e prodotti alimentari di marche affermate, il nostro stile di vita è condizionato (perlomeno in parte) da ciò che ci viene offerto in televisione, sui giornali e, più recentemente, sui social. Per questi motivi e per sensibilizzare la società alla diversità della nostra realtà è necessario realizzare pubblicità più inclusive e meno discriminatorie. Chi ha deciso che i ragazzi devono giocare solo con soldatini e supereroi e le ragazze con bambole ed elettrodomestici? Perché una bambina non può sporcarsi nel fango calciando un pallone e un bambino non può preparare i piatti più strani nella sua cucina giocattolo? La mentalità della nostra società è l'unico ostacolo che ci separa da un mondo senza pregiudizi dove ognuno è libero di essere sé stesso. I media ricoprono un ruolo importante nella rappresentazione della diversità e, impegnandoci tutti a combattere stereotipi e luoghi comuni e trasmettendo questo ideale alle nuove generazioni sin dalla tenera età, potremmo finalmente vivere in un mondo dove, riprendendo le parole della cantante Taylor Swift, "i bambini possono giocare a fare le principesse e le bambine possono giocare ad essere soldati."
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