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Il divario digitale e la pandemia: la rivoluzione informatica è per tutti?

Aggiornamento: 9 dic 2020

Come ogni crisi, la pandemia da COVID-19 ha messo in risalto l’importanza degli aspetti più primordiali della vita umana, come nutrirsi e socializzare. Tuttavia, come l’accesso del lettore a questo articolo dimostra, la connessione internet e le opportunità offerte dal mondo digitale vengono spesso date per scontato e considerate universali nei paesi detti sviluppati. Il “digital divide”, o divario digitale, è invece una realtà presente anche sul territorio italiano da almeno un decennio che si sta aggravando di pari passo con la crisi sanitaria. Abbiamo davvero tutti accesso a internet, e quali sono le conseguenze di questa disuguaglianza?

Situazione nel mondo

Prima di concentrarsi sulla situazione italiana, conviene sapere che a scala mondiale esiste un divario digitale che si sovrappone ai già esistenti divari economici e sociali. Nel mondo, il 48% delle persone non ha accesso a internet, ma questo dato nasconde delle enormi disparità. In Africa, 871 milioni di persone, ossia il 70% della popolazione africana, non hanno accesso internet, come metà dei cittadini indiani [i]. Questo differenze a scala mondiale si stanno però riducendo, visto che sono proprio le regioni meno economicamente sviluppate che vedono la crescita più rapida del numero di utenti. Quest’ultima è salita del 12.000% (con tre zero!) in Africa e del 2.000% in Asia negli ultimi 20 anni. Nello stesso periodo, il numero di utenti mondiale si è moltiplicato per 12 [ii].

Situazione in Europa e Italia

In Europa il quadro è nettamente migliore. Gli utenti di internet sono il 84% della popolazione nel 2019, che corrisponde ad una crescita di 30 punti percentuali negli ultimi 10 anni. In Italia la situazione è sorprendentemente sotto la media europea; gli utenti di internet rappresentano solamente il 69% della popolazione italiana. Anche in questo caso, questo numero nasconde numerose disparità. Infatti, le regioni meridionali soffrono di un notevole ritardo rispetto a quelle settentrionali. Per esempio, in Calabria solo 67% delle famiglie ha una connessione domestica, mentre in Trentino Alto Adige sono il 81%. Per quanto negli ultimi 10 anni la percentuale sia aumentata notevolmente in tutte le regioni, il divario di partenza persiste [iii].

Le disuguaglianze non sono solo geografiche ma anche di qualità del servizio [iv]. Non tutte le operazioni digitali richiedono le stesse quantità di dati, perciò bisogna anche andare a vedere la velocità dell’internet disponibile. Difatti, anche se la maggior parte degli italiani è coperta in banda a 2Mbps (1h7mn per scaricare un film[1]), solo il 20% degli italiani è coperto da una rete con capacità di 100Mps (80 secondi per scaricare un film) [v].



Per comparare la competitività digitale degli stati europei in modo più uniforme, l’Unione Europea ha creato il Digital Economy and Society Index e vede l’Italia terzultima nel continente. Questo risultato è trainato verso il basso da un imbarazzante ultimo posto in termini di capitale umano. Meno della metà degli italiani possiede delle competenze digitali di base e i laureati nel settore TIC (Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione) sono l’1% dei laureati, più di 3 volte meno che la media europea. Questa mancata conoscenza si traduce anche in un basso uso dei servizi digitale per il quale l’Italia è ventiseiesima su 28 con il 17% degli italiani che non ha mai usato l’internet. La media europea è del 9% [vi].

Conseguenze

In questo quadro preoccupante entra in gioco la pandemia. Le restrizioni di movimento e di interazioni sociali hanno obbligato il mondo intero a digitalizzare quanta più attività professionale ed economica possibile. Uno studio olandese ha studiato l’impatto del lockdown sul numero di ore lavorate a seconda del livello di educazione. Lo studio mostra che per il numero di ore lavorate delle persone meno istruite è sceso di 7 ore a settimana mentre che per quelli più istruiti questo dato è sceso solo di 3 ore. Ciò è dovuto alla capacità delle professioni più remunerate di lavorare da remoto e di mitigare quindi gli effetti delle restrizioni [vii]. Secondo Nicholas Bloom, un economista dell’università di Stanford, questo fenomeno sta generando una “bomba a orologeria per le disuguaglianze” in tutto il mondo, inclusa l’Italia.

Una seconda conseguenza delle restrizioni dovute alla pandemia è l’educazione. Le difficoltà incontrate dagli studenti e le loro famiglie sono state al centro dei dibattiti pubblici e politici negli ultimi mesi in Italia. Tuttavia, siccome l’educazione digitale di massa rimane un fenomeno recente, ci sono poche ricerche pubblicate sui suoi effetti. Dei ricercatori del PEW Research Center hanno pubblicato uno studio che mostra come, fra le scuole statunitensi che hanno chiuso, le famiglie a basso reddito stanno affrontando maggiori ostacoli in assicurarsi che i loro figli riescano a partecipare alle attività didattiche. Per esempio, il 40% delle famiglie a basso reddito intervistate affermano che i loro figli dovranno usare il WiFi pubblico per completare i compiti scolastici. Questo numero è quasi 7 volte più basso per le famiglie con un reddito alto.

La terza conseguenza principale è la salute. Per evitare di contrarre il virus e trasmetterlo ad altri pazienti, molte attività del personale sanitario sono state digitalizzate. Prenotare appuntamenti, ricevere consulte mediche e ottenere una prescrizione sono tutte attività che si possono fare online e hanno chiaramente un ruolo centrale per fronteggiare il nuovo coronavirus. Paradossalmente, le persone anziane sono il segmento della popolazione più a rischio ma anche quello meno preparato per adoperare strumenti digitali sia per mancanza di accesso che di conoscenze [viii]. Si rischia quindi di complicare l’accesso ai servizi sanitari per gli individui che ne hanno più bisogno.

Conclusione

La pandemia da COVID-19 ha quindi aumentato la necessità di preparare i cittadini e le infrastrutture alla rivoluzione digitale. Secondo gli ultimi dati, l’Italia sembra stare accumulando ritardo in confronto al resto dell’UE con conseguenze importanti sulla situazione economica, educativa e sanitaria degli italiani. Ci sono però alcuni segnali positivi. L’Italia è fra i paesi più preparati all’arrivo del 5G in quanto sono state assegnate tutte le bande pioniere e sono stati lanciati i primi servizi commerciali. Inoltre, è stato instituito un Ministero per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione che ha recentemente presentato la strategia “Italia 2025”. Con un adeguato investimento nelle infrastrutture e nel capitale umano è ancora possibile recuperare terreno e cogliere al meglio le opportunità sempre più importanti proposte dal mondo digitale.

[1] Si assume che il film pesi 1 Gb


Referenze

[vi] https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/digital-economy-and-society-index-desi-2020

[viii] https://www.thelancet.com/journals/landig/article/PIIS2589-7500(20)30169-2/fulltext

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