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Immagine del redattoreMichele Franchetti Pardo

Il lusso della vecchiaia: come le disuguaglianze economiche influenzano la speranza di vita

Aggiornamento: 14 lug 2020

Benché le capacità del nostro sistema sanitario siano state messe in discussione negli ultimi mesi, la sanità italiana rimane una delle migliori al mondo. L’unità di misura più comunemente usata per valutare la salute di una popolazione è la speranza di vita, ossia il numero di anni che mediamente un individuo può aspettarsi di vivere ancora. La speranza di vita si può calcolare a qualsiasi fase della vita. Per esempio, quando si parla di speranza di vita a 65 anni, si intende il numero di anni in media che un individuo di 65 anni può ancora aspettarsi di vivere.

Ad ogni modo, la metrica più usata per comparare paesi diversi è la speranza di vita alla nascita, che in Italia era di 83.4 anni nel 2019. Ciò significa che si prevede che i neonati Italiani del 2019 vivranno in media 83.4 anni. Non tutti gli italiani però hanno la stessa speranza di vita. Come già risaputo, le donne sono più longeve degli uomini e in Italia questa differenza è addirittura di 4,4 anni [i]. Tuttavia, il genere di una persona non è l’unica variabile che detta la longevità dell’essere umano. Quali altri fattori spiegano tali divergenze?


La speranza di vita nel mondo

Prima di focalizzarsi delle divergenze all’interno del territorio italiano, è utile andare ad esaminare le tendenze mondiali. La speranza di vita alla nascita Italia menzionata prima (83.4 anni) è la quarta più alta al mondo, superata solo da Spagna (83.5), Svizzera (83.8) e Giappone (84.2). Non tutti i paesi nel mondo hanno speranze di vita alla nascita così alte. La media mondiale è di soli 72 anni [ii] e nella Repubblica Centrafricana, l’ultima in classifica, è di soli 52 anni [iii]. Per capire meglio la ragione dietro queste differenze, Alfonso Rosolia [iv] mostra come esista una relazione positiva dell’istruzione e del reddito (calcolato come PIL pro capite) con la speranza di vita alla nascita (Figura 1).


Figura 1: Speranza di vita alla nascita, reddito e istruzione nel mondo



Logicamente, i paesi più ricchi, avendo una miglior qualità della vita, hanno una speranza di vita maggiore. Questo è dovuto a fattori come maggiori capacità di investimento nel loro sistema sanitario, protezione delle condizioni di lavoro e offerta di una nutrizione più sana e variegata. Questo fenomeno è visibile anche esaminando le tendenze storiche di un singolo paese. In Italia, mentre il PIL pro capite cresceva da €2,360 a €25,560 [1] tra il 1945 e il 2015 [v], l’aspettativa di vita è salita di 13 anni nello stesso periodo sia per gli uomini che per le donne. Come si può vedere nella Figura 2, si prevede che questa tendenza persista anche nel futuro.


Figura 2: Speranza di vita a 65 anni dal 1974 al 2015 e previsioni dal 2016 al 2066

L’impatto dell’istruzione e del reddito

Sebbene questi dati ci informino sull’impatto delle tendenze macroeconomiche sulla speranza di vita, non spiegano invece come mai quest’ultima sia così eterogenea anche all’interno del nostro paese. Maccheroni (il ricercatore, non la pasta) in una serie di ricerche mostra come un laureato vive in media 8 anni più di uno che ha completato la scuola dell’obbligo [vi]. Il motivo più intuitivo è l’influenza positiva che ha l’istruzione nel determinare il reddito di un individuo. Quindi, una persona più istruita tende ad avere delle capacità finanziarie che gli permettono non solo un numero più elevato di visite mediche ma anche delle cure di migliore qualità. Infatti, un operaio tende ad avere una speranza di vita a 35 anni che è fino a 5,5 anni più breve che quella di un dirigente [vii].

Figura 3: Differenze nella speranza di vita a 35 anni per classe sociale, periodo 2001 – 2010, uomini, Torino



Come il tipo di professione impatta la speranza di vita

Le differenze di longevità non sono solo spiegate dal reddito in sé, ma anche da ciò che il livello del reddito implica. Le professioni con uno stipendio più basso sono infatti più propense ad avere condizioni di lavoro peggiori come ad esempio basso controllo, posture incongrue ed esposizioni a rischi fisico-chimici [viii]. Inoltre, le pressioni create dalla natura dei lavori poco remunerati e le pressioni finanziarie che ne derivano possono creare stress cronico e portare quindi ad abitudini malsane. Questo aiuta a spiegare perché il fumo di tabacco, consumo di alcol e di cibo ricco in zucchero e grassi saturi siano più prevalenti nelle classi sociali meno benestanti.


L’impatto diretto dell’istruzione

Oltre al suo impatto indiretto attraverso il reddito, l’istruzione influisce sulla speranza di vita anche in modo diretto. Ad esempio, un individuo più istruito può essere più conscio dell’effetto di determinati comportamenti o può essere maggiormente in grado di interagire con il personale medico [ix].


In conclusione, nonostante l’Italia sia uno dei paesi più longevi al mondo e la speranza di vita continui a salire, non si possono negare le serie disparità all’interno del nostro territorio. Le speranze di vita disuguali riflettono le disuguaglianze di reddito che, attraverso capacità finanziarie ridotte, condizioni di lavoro inferiori e stress cronici, peggiorano la salute delle persone nelle classi sociali meno agiate. Buona parte delle disparità di reddito in Italia vengono spiegate dalla varianza di istruzione presente nel territorio. Quindi, investire nella sanità è chiaramente indispensabile ma investimenti sociali come nell’istruzione e nella sicurezza nel lavoro sono strumenti che permettono di affrontare questo tipo di disuguaglianze alla fonte.



Referenze


[1] Valori concatenati con 2010 come anno di riferimento

[i] https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=75689 [ii] https://www.who.int/gho/mortality_burden_disease/life_tables/situation_trends/en/ [iii] https://www.infoplease.com/world/health-and-social-statistics/life-expectancy-countries [iv] https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2012-0118/QEF_118.pdf [v] http://seriestoriche.istat.it/index.php?id=23 [vi] Maccheroni C. (2008). “Diseguaglianze nella durata di vita per grado di istruzione in Italia all’inizio degli anni 2000”, Centre for Research on Social Dynamics “Carlo Dondena”, working paper n. 3. [vii] https://www.snop.it/workshop-snop-2019/Costa-SNOP-12aprile2019 [viii] Melchior et al (2005). « Work factors and occupational disparities in sickness absence: Finding from the GAZEL cohort study” https://ajph.aphapublications.org/doi/full/10.2105/AJPH.2004.048835 [ix] Grossman, M. (2006). “Education and nonmarket outcomes”, in E. Hanushek e F. Welch (a cura di), “Handbook of the Economics of Education”, Elsevier.

Fonte immagine di copertina: kuzmichstudio/iStock

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