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Il Pride ai tempi del Corona Virus: l'arcobaleno riporta il sorriso anche sotto le mascherine


Foto di "La Gazzetta del Mezzogiorno"
“Essere gay e vivere apertamente in questa società è qualcosa che richiede una tremenda dose di forza, e io ammiro questo e lo invidio in tanti modi.”

Queste erano le parole della cantautrice, attrice e attivista statunitense Lady Gaga il 1 Giungo del 2010 durante un’intervista al programma americano Larry King Live, in onda sulla CNN. Gaga ha espresso la sua ammirazione verso una comunità, quella LGBTQ+, che da anni combatte con le unghie e con i denti per ottenere dei diritti che sarebbero sempre dovuti essere garantiti in quanto diritti umani fondamentali di ogni individuo.


Le conquiste più recenti


Da allora sono passati ben 10 anni e tante sono state le conquiste della comunità LGBTQ+ nei diversi paesi del mondo. Una delle più recenti riguarda la sentenza della Corte Suprema legata alle discriminazioni sul posto di lavoro in America. La Corte Suprema ha dichiarato che il Civil Rights Act del 1964 protegge un impiegato non solo da discriminazioni basate su razza e religione, ma anche su orientamento sessuale e identità di genere. L’amministrazione di Obama, con la commissione federale dell’Equal Employment Opportunity, aveva già affermato che un datore di lavoro non possedeva il diritto di licenziare un impiegato per il suo orientamento sessuale. Successivamente però, il mandato di Trump aveva ulteriormente cambiato dicitura, discriminando ancora una volta i membri LGBT. Finalmente, a giugno, con una maggioranza di 6 a 3, i giudici della Corte Suprema hanno stabilito che è anticostituzionale discriminare e licenziare un impiegato sulle basi di genere, razza, colore, nazionalità, origine, religione e sesso (inteso anche come orientamento sessuale e identità di genere). Altre importanti e relativamente recenti conquiste della comunità LGBT sono state: la legalizzazione del matrimonio egualitario in Ecuador, Irlanda del Nord e Costa Rica; il riconoscimento del primo matrimonio gay del mondo arabo in Tunisia; il divieto di sottoporre minorenni a elettroshock e trattamenti chimici per “convertire” il loro orientamento sessuale in Germania; e l’approvazione di una nuova legge contro la discriminazione omofoba in Svizzera. Una delle vittorie più significative in Italia invece è stata rappresentata dall'entrata in vigore della legge Cirinnà (che prende il nome da Monica Cirinnà, senatrice del PD che firmò per prima l’iniziativa parlamentare) la quale riconosce, da un punto di vista giuridico, una coppia formata da due persone dello stesso sesso.


Una strada ancora lunga


Purtroppo però, nonostante il raggiungimento di alcuni obiettivi, la strada per i membri LGBTQ è ancora lunga e tortuosa, soprattutto in alcuni paesi. Anche se la pena di morte e la fustigazione nei confronti delle persone omosessuali sono state abolite a luglio, in Sudan le relazioni tra persone dello stesso sesso rimangono punibili con l’incarcerazione. In altri 70 paesi del mondo, l’omosessualità è ancora considerata illegale, mentre in 11 paesi la pena di morte è imposta o quantomeno applicabile. Sebbene in Italia la situazione non sia così drammatica, le condizioni della comunità LGBTQ+ non possono ancora definirsi ottimali. Malgrado ciò che alcuni oppositori della legge contro l’omotransfobia affermano (contribuendo alla proliferazione incontrollata di fake news), la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale è ancora molto presente nel nostro paese e, non raramente, tende a sfociare in aggressioni verbali e fisiche. Il caso più recente risale a pochi giorni fa, precisamente nella notte tra il 5 e il 6 agosto, in una discoteca di San Benedetto del Tronto. Un giovane di Terni in vacanza a San Benedetto del Tronto viene preso di mira da un gruppo di ragazzi perché omosessuale. Il pestaggio ha inizio. Gli amici del ragazzo cercano di difenderlo, ma vengono massacrati di botte proprio come il loro compagno. L’aggressione non si ferma però sulla pista da ballo. Infatti, gli aggressori seguono il gruppo di amici fino all'appartamento che avevano affittato per qualche giorno e provano ad entrare sfondando una vetrata, dileguandosi solo con l’arrivo dei Carabinieri.


Pride come presa di coscienza


Questo è solo uno degli innumerevoli episodi di violenza che dovrebbero spingere l’Italia verso una maggiore consapevolezza, in modo da poter aiutare ogni individuo ad ottenere tutti i diritti che gli spettano in quanto essere umano. Come contribuire a questa presa di coscienza? Uno degli strumenti più efficaci che ha permesso alla comunità LGBTQ+ di farsi sentire negli anni portando avanti importanti battaglie è il pride. Considerato da molti come inutile ed eccessivo, il pride è molto più di una semplice parata.


Foto di "Wearegaylyplanet.com"

Un po' di storia


Il 28 giugno 1969, a seguito di una delle tante retate guidate da un corpo di polizia che serviva un sistema legale anti-omosessuale, ebbero inizio moti e proteste che durarono per tre giorni. Incursioni della polizia fatte di pestaggi e arresti erano all'ordine del giorno nei gay bar americani degli anni 60, ma quel giorno qualcosa cambiò. Verso l’una e venti di notte, otto ufficiali del primo distretto di New York fecero irruzione nello Stonewall Inn, storico gay bar di New York. Per la prima volta però, gay, lesbiche, transgender e drag queen, insieme ai vicini del quartiere, ebbero il coraggio di affrontare l’abuso di potere della polizia, rischiando la propria vita e innescando una reazione a catena che ha permesso a coloro che non si identificavano nel dualismo di un mondo bianco e nero di sprigionare tutti i loro colori più disparati. Quello di Stonewall viene considerato ancora oggi come l’inizio del movimento di liberazione della comunità LGBTQ+. Per questo motivo, il pride rappresenta non solo la possibilità di essere sé stessi ed essere ascoltati, ma anche un giusto ricordo e omaggio nei confronti di anni di lotte sociali che hanno portato la comunità LGBT dov'è ora.


Foto di "Spy.it"

Pride 2020


Il 2020 non si è dimostrato un anno molto fortunato e, considerando i recenti eventi a livello globale, non accenna a migliorare. La pandemia globale del Corona Virus ha stravolto l’ordine naturale delle nostre vite, imprigionandoci in una sorta di campana di vetro e congelando ciò che ci circondava per diversi mesi. Come tutte le altre parate e manifestazioni, giustamente anche il pride è stato “congelato.” Nonostante l’impedimento fisico però il suo spirito è riuscito a contrastare la prepotenza del virus. Il 28 giugno infatti è stato celebrato il Global Pride, una maratona di 26 ore in streaming su YouTube e Facebook che ha coinvolto i pride di diversi paesi del mondo. Oltre agli eventi online e alle dirette streaming, la comunità LGBTQ+ italiana non ha rinunciato, una volta finito il lockdown, a riconfermare la sua presenza per le strade del Bel Paese attraverso parate e flash mob, sempre con le dovute precauzioni e nel rispetto delle distanze di sicurezza. Ma quali saranno state le differenze sostanziali di questo pride 2020 rispetto ai precedenti? Per scoprirlo abbiamo intervistato tre ragazzi che hanno partecipato alla parata tenutasi a Bari il 18 luglio.


Alberto, 21.

Pride 2020 è stato per me la seconda esperienza Pride. Ricordo la manifestazione dell’anno precedente con forte commozione: fui travolto da un’ondata di consapevolezza, un fervore generale aizzato dalla volontà di emergere entro uno scenario troppo spesso asfissiante; una grande festa itinerante, gravida di colore, sorrisi e lacrime.
A fronte dell’esperienza dell’anno precedente, Pride 2020 si può dire - a malincuore - abbia deluso le aspettative comuni: la circostanza imposta dal Covid-19 ha inevitabilmente contenuto l’impeto di un evento di tale portata, fondamentale per l’intera comunità LGBTQI. Tuttavia, si è riusciti brillantemente ad assecondare le limitazioni previste dalle normative, garantendo ugualmente lo svolgimento della manifestazione. Seppur dall’andamento posato, Bari Pride 2020 ha riunito una compagine cospicua e variegata di partecipanti e testimonia lo spessore della diffusa necessità di rivendicare il diritto di amare ed esistere.

Giovanni, 22.

Quello di quest’anno è il mio secondo pride. L’anno scorso si può dire che sia stato un pride abbastanza classico: siamo partiti da una piazza e abbiamo fatto una parata di circa 4 ore per le strade di Bari. La cosa più bella erano le persone, per lo più anziane con mia piacevole sorpresa, che sostenevano la parata dai balconi, sventolando bandiere arcobaleno e unendosi ai nostri cori. La confusione tuttavia impediva di approfondire la conoscenza con le altre persone nella parata e quindi sono rimasto quasi sempre solo con le persone che conoscevo.
Quello di quest’anno è stato totalmente diverso: si è trattato di un pride meno affollato e statico per via del Covid-19. È iniziato dopo ed è durato meno. Rispetto all’anno precedente sono stati fatti dei tagli nella musica e nei balli per due motivi: evitare assembramenti e per discutere della legge sulla omotransfobia. La musica è stata davvero poca. È stato molto più simile ad una propaganda. Se fosse necessario un pride in queste circostanze? Ni. Ci sarebbero potuti essere tantissimi modi per fare un pride in questo periodo così delicato: ad esempio come a Foggia dove hanno appeso una bandiera arcobaleno fra le braccia della statua di Umberto Giordano. In ogni caso sono state prese diverse precauzioni: c’era una fila per accedere, ti veniva misurata la febbre da delle persone molto gentili (la persona che mi ha misurato la febbre mi ha chiamato “occhi di fuoco”) e una volta entrati si doveva stazionare seduti su delle X per mantenere le distanze (qualcuno ha collaborato e qualcuno no). Nonostante tutto, sono contento di essere andato, perché ho avuto l’opportunità di fare una cosa impossibile all’altro pride: conoscere la gente. Ho potuto parlare, sempre a distanza, con tante persone, scoprire le loro storie e capire meglio delle sfumature della comunità LGBT che spesso nemmeno si conoscono. Il fatto di essere in piazza, rispettando le regole, testimonia una forte credenza in questi valori. È compito di queste parate cercare di creare un’apertura mentale. Il pride sarà necessario fino a quando una persona non verrà più definita “confusa” o inferiore e quando saranno concessi dei diritti, e sarà necessario anche dopo per non dimenticare le lotte che sono state fatte.

Federica, 21.

Ho partecipato l'anno scorso al pride "in movimento" qui a Bari e quest'anno a quello "statico", e devo dire che forse si è persa un po' di magia proprio nella staticità. La magia di camminare e ballare per le strade, parlare e ridere con la gente sui balconi, riuscire a raccogliere più persone possibili di ogni quartiere per arrivare alla fine del lungo tragitto distrutti, sudati, ma felici di essere così tanti, uniti dalla voglia di urlare al mondo la nostra esistenza e di reclamare i nostri diritti. Usciti da un periodo di restrizioni e vari limiti imposti, la speranza di ritrovare questa magia nel Pride statico c'era e forse ha alzato un po' le aspettative di tutti.
Eravamo tutti lì, seduti ad un metro di distanza che cercavamo di aprire le orecchie per sentire quel poco che arrivava dalle casse, costretti a ballare senza muoverci più di tanto e ad urlare con la mascherina davanti alla bocca. Però eravamo tutti lì, gli stessi dell'anno prima, forse anche di più, uniti dalla voglia di amare e di essere noi stessi. Penso sia estremamente importante far sentire il nostro urlo, sempre, nonostante le difficoltà, e non smettere mai di far sentire la nostra voce ed esprimere il nostro pensiero.

Foto di "La Gazzetta del Mezzogiorno"

Pride ended Corona Virus


Seppure osservato da tre punti di vista differenti, il quadro generale del pride 2020 sembra essere il medesimo. Le restrizioni e le limitazioni necessarie a garantire una sicurezza sufficiente in tempi di Covid-19 hanno sicuramente reso la parata più statica e meno coinvolgente, ma lo spirito e il significato del pride non sono svaniti neanche per un momento, al contrario, si sono forse addirittura rafforzati. Ancora una volta, il pride si è riconfermato un’arma potentissima nelle mani della comunità LGBTQ+, capace di far sentire voci e affrontare tematiche che troppo spesso sono sottovalutate o ignorate. Per questo, e per il suo importantissimo ruolo di memento, salvaguardare e tenere in vita il pride spetta a tutti noi. Ciò che possiamo fare ora è continuare a rispettare le regole, cosicché l’anno prossimo si possa ritornare a festeggiare, ballare, cantare e colorare le strade d’Italia e del mondo, tutti insieme, finalmente mano nella mano.


Referenze


(i) Larry King Live. Lady Gaga Interview. CNN, 1 Giugno 2010.

(ii) Zurcher, Anthony. “Us Supreme Court backs protection for LGBT workers.” BBC News, 15 Giugno 2020.

(iii) “Le unioni civili in Italia, tre anni dopo.” Esquire, 11 Maggio 2019.

(iv) Damshenas, Sam. “Sudan has abolished the death penalty for homosexuality.” Gay Times.

(v) “Map of Countries that Criminalise LGBT People.” Human Dignity Trust.

(vi) “Pestato dal branco perché gay, ecco come lo hanno ridotto.” Terni Today, 8 Agosto 2020.

(viii) “Stonewall Riots.” History, 26 Giugno 2020.

(x) Mastrogiacomo, Daniele. "Costa Rica legalizza matrimoni gay, due donne le prime a sposarsi." La Repubblica, 26 Maggio 2020.

(xi) Foderi, Alessio. "L’Irlanda del Nord ha legalizzato il matrimonio omosessuale." Wired, 13 Gennaio 2020

(xiii) Mastrobuoni, Tonia. "Germania, approvata la legge che vieta la "conversione" degli omosessuali." La Repubblica, 8 Maggio 2020.

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