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Transessualità.

Aggiornamento: 20 gen 2021

Disclaimer: Prima di intraprendere questo viaggio all’interno del percorso complesso e tortuoso che è ancora la transizione di genere, è utile comprendere alcuni termini e concetti importanti il cui uso va a formare l’immaginario collettivo della transessualità. L’importanza di un linguaggio corretto e attento quando si fa riferimento a tematiche di genere non è soltanto una questione di rispetto - benché quest’ultimo sia da sé un fattore fondamentale - ma è altresì un atto rivoluzionario, di riconoscimento e inclusione nel discorso politico e sociale di minoranze oppresse, non rappresentate.

Le parole “transessuale” e “transgender" vengono spesso utilizzate interscambiabilmente, sia nel linguaggio comune che nella narrazione dei media. Questa tendenza a generalizzare è spesso causa di confusione o - ancor peggio - discriminazione. Sicuramente vi sarà capitato infatti di leggere termini come “un trans”, “un travestito”, “i trans”, facenti riferimento a persone transessuali, qualsiasi fosse il genere del soggetto in questione. Tutto questo fa di un gruppo di persone con identità ed espressioni completamente differenti un’unica categoria stigmatizzata. L’epiteto “i trans” è infatti purtroppo ancora utilizzato nel linguaggio dei media per far riferimento a uomini transessuali (chi si identifica con il genere maschile), donne transessuali (che si identificano con il genere femminile), cross-dresser, persone di genere non binario: insomma, a qualsiasi persona che non si conformi alla distinzione netta tra uomo e donna.


qui qualche esempio di narrazione non corretta e discriminatoria


Tutti questi termini non sono sinonimi: la definizione di transgender è infatti un termine ombrello che include chiunque superi, o non si identifichi nelle due categorie di genere binarie: maschile e femminile. Può quindi comprendere le persone di genere non-binario, che rifiutano, appunto, i ruoli sociali associati a entrambi i sessi biologici, le persone transessuali, che si identificano con il genere opposto a quello che è stato loro assegnato alla nascita, e molte altre identità di genere che si collocano nel continuum tra gli estremi maschile e femminile.

La distinzione più importante per comprendere il percorso di transizione è, tuttavia, quella tra sesso biologico e genere. Per sesso biologico si intende quello che viene assegnato alla nascita sulla base di criteri fisici e genetici di base. Tali criteri hanno portato alla distinzione tra due generi, ormai interiorizzata come fondamentale caratteristica della nostra società sin dai tempi di Adamo ed Eva. L’uomo e la donna, il corpo femminile e quello maschile, da sempre contrapposti, sono emersi come modelli biologici, anatomici ma anche sociali sulla base dei quali identificare ogni individuo. Il sistema binario che prevede tale dualità ha, tuttavia, portato all’esclusione e al mancato riconoscimento delle persone intersessuali, che non presentano cromosomi e caratteristiche anatomiche totalmente maschili o femminili, ma anche delle persone transgender.

Ecco che la nozione di genere assume qui un’importanza fondamentale: supera una classificazione prettamente biologica dell’individuo per offrirne una incredibilmente più ampia, influenzata da fattori educativi, sociali, psicologici e contestuali che modificano la percezione individuale del sé. L’identità di genere si sviluppa quindi come uno spettro di rappresentazioni di sé che non dipendono strettamente dalle caratteristiche biologiche, nonostante l’influenza del sesso biologico sull’identità di genere sia ancora estremamente radicata e spesso data per scontata. È comunemente assunto infatti che l’identità di genere corrisponda al sesso biologico, che i ruoli sociali e gli stereotipi che descrivono la concezione di “uomo” si applichino a chiunque abbia un’anatomia maschile, o che un corpo biologico femminile implichi comportamenti tipici da “donna”.


Il termine “disforia di genere” indica l’incongruenza tra il genere con cui l’individuo si identifica e il genere assegnatogli alla nascita - sulla base del sesso biologico - e il profondo senso di angoscia che ne consegue. È proprio nell’etimologia del termine disforia che è espressa la “difficoltà di sopportare” questa condizione, che può portare alla decisione di intraprendere un percorso di transizione: una strada complessa, ancora estremamente rallentata dalle procedure burocratiche e mediche, che comprende diversi momenti.


Nonostante la condizione sia stata recentemente rimossa dalla lista dei disturbi mentali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, e il termine “disforia” ha sostituito la definizione “disturbo dell’identità di genere” nella Quinta Edizione del Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (2013) una diagnosi di disforia di genere risulta ancora necessaria per ricevere supporto medico e legale durante il percorso di riassegnazione sessuale in Italia. Diversi fattori sono stati individuati dall’American Psychiatric Association (APA) per identificare la disforia di genere nei bambini, negli adolescenti, e negli adulti. In base all’età della persona che desidera intraprendere un percorso di transizione di genere si distinguono diversi trattamenti dal punto di vista medico.

Possiamo individuare tre principali fasi, che vengono distinte in base al grado di reversibilità dell’intervento:


la prima categoria, fruibile prima della maggiore età, prevede la somministrazione di ormoni che bloccano la pubertà, sopprimendo la produzione di estrogeni - nel caso di donne biologiche - o di testosterone - nel caso di uomini biologici- prevenendo quindi lo sviluppo di caratteristiche fisiche tipiche del sesso biologico. Con l’ausilio di uno psicologo, infatti, l’individuo potrà iniziare ad alleviare la disforia sin dagli anni dell’adolescenza, che spesso risultano i più difficili e dolorosi.


La seconda categoria, solo parzialmente irreversibile, riguarda poi la terapia ormonale vera e propria per “mascolinizzare” o “femminilizzare” il corpo. Prescritti da un endocrinologo, gli ormoni possono essere assunti dalla maggiore età, e comportano modifiche visibili dei caratteri sessuali secondari come il seno, la barba e la muscolatura.


La terza, irreversibile, comprende interventi volti a modificare chirurgicamente l’aspetto fisico. Non tutte le persone transessuali scelgono di sottoporsi alla chirurgia, che dal 2015, con la sentenza 221/2015 della Corte Costituzionale, non è più un prerequisito necessario per richiedere il cambio di genere. Parallelamente all’ambito medico, infatti, ha inizio un iter legale per la riassegnazione sessuale, volto alla rettifica anagrafica e all’adattamento dei documenti al genere e al nome riaffermati. Questa fase del percorso, che spesso non viene considerata nella narrazione della transessualità, è invece di fondamentale importanza. È espressione della legittimità della tua identità: significa ribadire allo Stato, alle istituzioni, a chi non ci crede che tu invece esisti eccome; significa non dover spiegare a persone sconosciute perché ciò che è scritto sui tuoi documenti non rispetta il tuo aspetto fisico. Significa aver vinto la battaglia contro un sistema binario incastrante e aver camminato attraverso le sue strutture. Significa, infine, che il genere non può essere imposto, che - così come è concepito - è un costrutto sociale, le cui caratteristiche derivano da millenni di classificazioni, semplificazioni, fattori che si sono prodotti e riprodotti socialmente fino a diventare la norma.


Per tutti questi motivi è così importante analizzare le dinamiche di chi, con coraggio e determinazione, fa un passo avanti nel percorso di decostruzione dei ruoli di genere, supera il determinismo biologico e le conseguenti regole sociali e così si autoafferma. La transessualità non è un disturbo, non è una malattia: è un grido di rivoluzione, il segno che il modo in cui si è strutturata la società fino ad oggi non può e non deve essere considerato "la normalità".


Referenze


Cécile A. Unger, “Hormone therapy for transgender patients,” Translational Andrology and Urology , vol. 5, no. 6, (December 2016) https://doi.org/10.21037/tau.2016.09.04


Eli Coleman et al., “Standards of Care for the Health of Transsexual, Transgender, and Gender - Nonconforming People,” International Journal of Transgenderism, vol. 13 no. 4 World Professional Association for Transgender Health, (2012) https://www.wpath.org/media/cms/Documents/SOC%20v7/Standards%20of%20Care_V7%20Full%20Book_English. pdf


Massimo Pacitti, “Transessualismo e diritto in transizione Profili giuridici della disforia di genere” (Tesi di Laurea, Università di Pisa, 2016) https://core.ac.uk/download/pdf/79622466.pdf

Mayo Clinic Staff, “Pubertal blockers for transgender and gender diverse youth”, Mayo Foundation for Medical Education and Research Digital Newsletter , (August 2019) https://www.mayoclinic.org/diseases - conditions/gender - dysphoria/in - depth/pubertal - blockers/art - 20459075



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