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Il principio di continuità del salario: gli interventi del governo alla luce dell'emergenza COVID-19

Aggiornamento: 1 mag 2020

L'entrata in vigore dei decreti governativi atti a fronteggiare la diffusione del virus COVID-19 ha comportato la sospensione forzata delle attività di interi settori imprenditoriali, commerciali e non, dalla stabilità produttiva dei quali dipendono delicati equilibri creditizi e occupazionali. In merito alla fondamentale esigenza di tutela di questi ultimi, l'esecutivo ha risposto con due iniziative informate a criteri di celerità e semplificazione burocratica; da un lato, con l'approvazione del decreto-legge n.18/2020 (c.d. "Cura Italia"), entrato in vigore in data 17 marzo, sono state disposte misure di accesso privilegiato ai trattamenti ordinari e in deroga di integrazione salariale; dall'altro, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha definito una Convenzione con l'Associazione Bancaria Italiana (ABI) e le organizzazione confederali sindacali e datoriali più rappresentative in tema di anticipazione bancaria dei trattamenti menzionati dalle disposizioni del decreto.


Il quadro operativo emergente dalla lettura congiunta dei due documenti si distingue per linearità: dispensato dalla complessa procedura ordinaria di cui al d.lgs. 148/2015, al datore di lavoro la cui attività sia stata sospesa basterà indicare la causale "Emergenza COVID-19" per presentare domanda di erogazione delle indennità della Cassa Integrazione Guadagni; i lavoratori interessati dalla misura, dal canto loro, potranno contattare uno degli istituti bancari aderenti alla Convenzione ABI per usufruire di un'anticipazione forfettaria pari a 1400 euro, "parametrati a 9 settimane di sospensione a zero ore [...], da riproporzionare in caso di rapporto a tempo parziale". L'apertura di credito in conto corrente dedicato, modalità necessaria per l'erogazione della anticipazione bancaria, "cesserà con il versamento da parte dell'INPS del trattamento di integrazione salariale - che avrà effetto solutorio del debito maturato - e, comunque, non potrà avere durata superiore a sette mesi".


Il principio di continuità del salario, espressione della finalità costituzionale di tutela del lavoratore, sembrerebbe dunque innervare l'operato del governo in tempo di emergenza epidemiologica; tuttavia, la forza delle ragioni salariali sembra affievolirsi, in favore delle ragioni del credito, se si considera il punto 6 della Convenzione ABI, avente ad oggetto il "Termine dell'anticipazione". Trascorsi sette mesi dall'apertura di credito senza che sia intervenuto il versamento da parte dell'INPS (per indisponibilità di risorse o mancata accettazione della domanda del datore di lavoro), il lavoratore avrà trenta giorni di tempo per restituire all'istituto bancario l'importo della anticipazione forfettaria percepita. In caso di successivo inadempimento da parte del lavoratore, la banca potrà rivolgersi al datore di lavoro, il quale provvederà ad estinguere il debito versando sul conto corrente dedicato "gli emolumenti e tutte le componenti retributive spettanti al lavoratore, fino alla concorrenza del debito". In soli due casi il datore di lavoro sarà responsabile in solido [i] con il lavoratore:

a) in caso di responsabilità personale per omesse o errate comunicazioni alla banca;

b) in caso di mancato accoglimento, totale o parziale, della domanda di accesso alle misure di integrazione salariale per causa imputabile al comportamento del datore di lavoro;


L'eventualità che circostanze esterne al lavoratore (prima fra tutte, l'indisponibilità di risorse da parte dell'INPS) possano determinare il sorgere di una responsabilità a suo carico mette in discussione la preminenza della tutela della parte contraente debole, da sempre principio ispiratore e canone interpretativo dell'intera disciplina giuslavoristica.

Il delineato bilanciamento di interessi tra credito e continuità salariale non convince, orientato com'è verso una garanzia incondizionata delle esigenze del primo a discapito della seconda. In ultima analisi, l'impressione è quella di un "whatever it takes" che collide con l'intuibile sovraesposizione dei soggetti più deboli alle conseguenze della crisi, entrando in aperta contraddizione con le finalità dell'azione di governo in materia.

Lo stato d'eccezione prescrive una dolorosa selezione dei diritti e delle libertà sacrificabili in nome degli interessi ritenuti di volta in volta meritevoli di protezione, l'emergenza del nostro tempo non si sottrae al rigore di questa legge fondamentale. La tutela della salute, diritto fondamentale dell'individuo (art. 32 Cost.), ha imposto una stasi pressoché totale del tessuto economico-sociale del Paese: per affrontarne gli effetti occorre un realismo costituzionale, lo stesso che anima l'art. 3, comma II, della Costituzione quando ci ricorda che un patto sociale non può reggersi sul riconoscimento della sola eguaglianza formale. È necessario tenere conto delle disuguaglianze materiali, dei concreti rapporti di forza tra individui formalmente eguali, per dare corpo e significato al concetto di eguaglianza: una prospettiva non sacrificabile, nemmeno in nome dello stato d'eccezione.


[i] Per responsabilità solidale si intende la situazione giuridica in cui si trovano due o più soggetti obbligati all'adempimento della medesima obbligazione. Come si desume dall'art. 1292 c.c., il creditore può esigere da ciascun obbligato l'esecuzione dell'intera prestazione dovuta, con effetto liberatorio nei confronti degli altri debitori solidali.


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