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La Festa della Musica senza Musica

È la prima volta che nella storia si celebra la festa della musica senza musica.


Allo scoccare del primo giorno d’estate dal 1928 in Francia e successivamente dal 1995 in moltissime città del mondo si celebra la Festa della Musica, evento a cui accorrono numerosissimi musicisti ad alimentare quella sete di musica nel mondo.


In questo scambio musicale che non conosce limiti stilistici, geografici o temporali oltre ad esser una pura condivisione di un linguaggio universale tra artista e pubblico, è un momento di identificazione, di sensibilizzazione di ciò che rappresenta l’esser artista ed ancor di più un musicista non solo come ruolo nel mondo della musica, con la sua responsabilità etica nel continuare la tradizione culturale ed avvicinare gli ascoltatori tra loro: “La musica può fare in modo che ragazzi iraniani dialoghino con giovani americani e gli italiani con gli egiziani. Forse la musica è la chiave di volta. Il vero ed unico codex latitudinis!” (I). Ancor più nell’ambito lavorativo perché il carattere non visivo, astratto di questa manifestazione culturale crea diverse difficoltà nel saperla ben orientare e ancor meglio identificare come un vero e proprio lavoro.

Ogni anno infatti si cerca così di sensibilizzare attraverso la musica, tramite il medesimo “oggetto di produzione” risultante da questo lavoro, questa difficoltà sociale e politica.


Fin dall’antichità, la musica ha assunto un ruolo chiave all’interno delle diverse società negli ambiti più disparati, guidando e spronando i compartimenti militari o spaventando quelli nemici, rappresentando un momento di distrazione e fuga dalla realtà quotidiana nelle manifestazioni della pluralità creativa come riti e feste. Moltissimi miti e racconti testimoniano la centralità ed il significato che la musica riusciva ad acquisire. Ricordiamo il celebre Orfeo “inventore del canto poetico che affascina e coinvolge tutta la natura” (II) tanto da commuovere con il suo canto appunto e la sua cetra gli dei infernali Ade e Persefone, i quali gli concessero di riportare in vita Euridice e potremmo pensare a distanza di secoli all’esorcismo musicale all’interno del fenomeno del tarantismo dove il veleno della tarantola veniva curato con il ballo e la musica nelle cosiddette “cure domiciliari” tanto da portare molti medici e studiosi nel Medioevo come Athanasius Kircher (XVII secolo) a studiare il fenomeno secondo il profilo della iatromusica.


Ripercorrere lo sviluppo e la storia musicale sarebbe purtroppo impossibile in questa sede, magari avremo modo di approfondirla negli articoli che seguiranno ma è importante ripesare ad alcuni momenti storici come la fondazione delle Università nel XIII che costituiscono nel mondo medievale l’inizio di quel processo istituzionale che arriva sino ai giorni nostri. Anche se in quel periodo parliamo di costituzione di corporazioni di intellettuali (universitas significa appunto corporazioni) si avvia alla nascita della figura dell’intellettuale di professione in vista soprattutto del ruolo preminente e propedeutico che aveva la facoltà delle Arti rispetto alle altre (Medicina, Teologia e Diritto).


Purtroppo odiernamente ancora poca luce è proiettata e riesce a delineare i confini e le forme del musicista come lavoratore che si trova imprigionato in una ragnatela di stereotipi e ideologie sociali che poco favoriscono il suo emergere in termini puramente istituzionali. I motivi sono innumerevoli, la complessità e la particolarità del percorso di studi di una lingua completamente a sé ma capace di universalità rispetto a tutte le altre. Un costante studio fisico, psicologico ed intellettuale, un’eterna ricerca di perfezionamento. Ed ancora la proliferazione di manifestazioni a dir poco musicali utilizzate per riuscire a manipolare lo stato d’animo dell’ascoltatore nelle sue attività quotidiane andando ad alterare per molti di coloro che non hanno avuto o potuto avere un’esperienza diretta con questo mondo, la vera espressione musicale con suoni puramente contraffatti e vuoti, privi del loro universale significato, scatole vuote ma adeguatamente confezionate che abbelliscono le mensole bianche delle discoteche di ogni abitazione promettendo lussuosi ed interessanti manufatti al loro interno.


La pandemia odierna ha sottolineato maggiormente questa crisi all’interno della società. Il settore musicale è stato fortemente danneggiamento a livello economico nonché psicologico, non essendo stato rappresentato ed adeguatamente tutelato dai diversi Decreti-legge che si sono susseguiti in questi mesi di lockdown.


Così il 21 giugno 2020 vestiti a lutto numerosissimi artisti hanno manifestato nelle piazze senza musica. Un silenzio che significa più di qualsiasi parola, un silenzio da ascoltare e comprendere, un silenzio che come un fulmine a ciel sereno ha mostrato le difficoltà di un settore che intensifica la vita quotidiana di tutto il mondo.


Sui social è nato l’hashtag “senza musica”, una rivolta silenziosa ma ancor più efficace nel mostrare come sarebbe un mondo senza musicisti, come sarebbe un mondo senza musica. Ricordandoci allo stesso tempo quanto sia stata di supporto in questi momenti di disorientamento, quante manifestazioni online o sui balconi si sono susseguite nel tentativo di creare quel sentimento comune per una vicinanza, un conforto davanti a forze più grandi di noi, perché come affermava Bach “La Musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori”.




Referenze

(I). Edoardo Bennato, Girogirotondo, 2020, pag. 172

(II). Tissoni Benvenuti, L’Orfeo del Poliziano p.73


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