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La fluidità di genere: un mondo riluttante al dualismo



“Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate,” afferma lo scrittore britannico Gilbert Keith Chesterton.


Da sempre il concetto di genere si estende intorno a dicotomie ben precise quali: maschile/femminile, omosessuale/eterosessuale. Volendo rompere con tale assolutismo ontologico, potremmo annoverare due concetti strettamente connessi, quello della ‘fluidità di genere’ e delle identità liquide. Ma cosa si intende esattamente per fluidità di genere e qual è il nesso con i criteri di libero arbitrio e scelta?


ROMA- “La sua (dell’uomo) libertà di scelta non rappresenta la sua grandezza, ma il suo permanente dramma. Infatti, egli si trova sempre di fronte all’alternativa di una “possibilità che sì” e di una “possibilità che no” senza possedere alcun criterio di scelta. E brancola nel buio, in una posizione instabile, nella permanente indecisione, senza riuscire ad orientare la propria vita, intenzionalmente, in un senso o nell’altro.”


Secondo il filosofo danese Søren Kierkegaard (1813-18559, il concetto di scelta si pone come condizione prima dell’essere antropologico. Scegliere non è altro che un atto di grande responsabilità. Scegliere significa prendere posizione e prendere posizione è mettere a rischio se stessi.


In Aut Aut (1843) il filosofo danese afferma che coloro che non scelgono si rifiutano di compiere il cosiddetto ‘salto nel buio’. Nell’oscurità dell’indecisione, infatti, è più semplice calarsi nel ruolo di mine vaganti che in quello di identità definite.


E se invece decidessimo di scegliere di non scegliere?


Kierkegaard dichiara che anche scegliere di non scegliere è una scelta. Quando si sceglie di non scegliere ci si abbandona alla liquidità degli eventi, o per meglio dire, alla fluidità dell’essere.


Nell’ambito del rapporto tra identità e (non) scelta, vediamo dunque dove si colloca la questione della fluidità di genere.


Il concetto di fluidità di genere, in inglese: ‘gender fluidity’ rappresenta una rottura drastica con la tirannia della scelta. Coloro che abbracciano tale principio, infatti, scelgono di collocarsi non in particolare ma in generale rispetto alle dicotomie di genere.


Sia esso la sintesi di due visioni contrapposte, sia esso un prodotto dell’attuale post-modernismo, il termine ‘gender fluidity’ viene adoperato per la prima volta dal sociologo francese Michel Foucault in Storia della sessualità (1976).


Analizzando la questione di genere in relazione a contesti storici distinti, Foucault dichiara si tratti di una “variabile fluida che cambia e si modifica in codesti ed epoche diverse.”


Bisogna innanzitutto far luce sul concetto di cambiamento e sull’equazione che vede il genere come variabile dipendente di un tempo y. In tal caso, infatti, potremmo chiaramente affermare che le questioni di genere sono al giogo del carro del cambiamento epocale.


La fluidità di genere è metafora di un mondo che trascende le dicotomie, ove scegliere significa prendere in considerazione un mare infinito di possibilità ed avvalersi di un proprio criterio di esclusione. Si tratta infatti di un mondo complesso, un mondo dove tutto è precario e fruibile e l’identità è soggetta al divenire degli eventi.


Uno studio sulla fluidità di genere condotto da Irregular Lab su un pubblico giovanile, rivela l’identità dei ‘GenZ’, ossia la prima generazione gender-fluid della storia.


“Due GenZ su tre si considerano esclusivamente eterosessuali, un teen su tre è fluido. Uno su quattro si aspetta che la propria identità di genere cambi nel corso della propria vita,” afferma Gaia Giordani, blogger e copywriter presso la rivista statunitense Cosmopolitan.


Un articolo pubblicato da Alessandra Graziotin, direttrice del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica del San Raffaele Resnati di Milano sul quotidiano online Il Gazzettino mostra un dato interessante sulla diffusione della fluidità di genere. Un sondaggio del 2017 condotto sul suolo britannico dichiara che i due terzi degli adolescenti inglesi si riconoscono in un’identità fluida.


Graziotin afferma che abbracciare la fluidità di genere potrebbe rivelarsi un’ottima palestra di vita per conoscere se stessi, assecondare gli istinti repressi e scoprire le proprie inclinazioni naturali.


Tuttavia, come ogni esperienza che sia, la virtù risiede nel mezzo. Una malsana pulsione verso la gender fluidity, come quando diviene ‘motivazione’ per concedersi all’all’altro/a senza coscienza potrebbe comportare rischi al livello medico. Ciò provocherebbe un aumento del pericolo di contrarre malattie sessualmente trasmesse.


Graziotin afferma che potrebbero esserci complicazioni anche dal punto di vista psicologico- cognitivo. Difatti, tra un’esperienza e l’altra di se stessi, ci si potrebbe imbattere nel rischio di divenire apatici ed aridi sul piano emotivo.


Nell’ambito della sensibilizzazione del concetto di fluidità di genere, dalle parole dell’autrice emerge un tema chiave, quale l’importanza del ruolo dell’educazione.


Tuttavia, educare le nuove generazioni alla non rigidità potrebbe altrettanto rivelarsi una scelta aleatoria. Comprendere a fondo un concetto come quello della gender fluidity richiede infatti una forte consapevolezza preliminare circa valori come il rispetto e la libertà individuale.


Quando si parla di educare i giovani ad una sensibile ed attenta considerazione di questioni delicate come quella della fluidità di genere è bene non limitare il proprio campo di investigazione al sistema dell’istruzione.


Un sondaggio condotto nel 2016 da Harris Poll, azienda statunitense specializzata in ricerche di mercato online, testimonia un cambiamento nella percezione delle categorie di genere, specialmente la comunità LGBT da parte dei Millenials, ossia individui di età compresa tra i 18 e i 34 anni.


A seguito delle diverse campagne di sensibilizzazione lanciate dai media, si assiste ora ad una più sentita lotta per il riconoscimento dei diritti delle sottoculture e l’abbattimento dei pregiudizi. Molti più giovani, difatti, sono oggi inclini a riconoscersi come parte integrante comunità come quella LGBT.


Diversamente dalle vecchie generazioni LHBTQ (35 anni e più), nel definire il proprio orientamento sessuale, i Millenials adottano un tipo di linguaggio che va al di là della contrapposizione delle categorie di maschile e femminile.


Il giornalista italiano Rodolfo de Matte sottolinea l’importanza dell’impatto mediatico e della visibilità della “causa LGBT” nell’incoraggiare un processo di "normalizzazione sociale" della sessualità. Questa nuova ‘sessualità’ sarà intesa nell’ambito “di uno spettro di infinite possibilità in perenne mutamento.”


In sostanza, il concetto di fluidità di genere aderisce perfettamente alla filosofia del sociologo polacco Zygmunt Bauman, secondo cui se l’unica certezza è il cambiamento, tanto vale essere indecisi e navigare attraverso il fluido informe della vita.


Attribuendo all’identità gender un valore potenzialmente ‘liquido’ si coglie l’occasione di essere tutto o niente, di essere o/e non essere.



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