Mentre in Italia, così come in tutto il mondo, stiamo cercando di affrontare il Covid in modo più o meno proficuo, ci sono angoli di mondo dove l'occhio dell'uomo e la voce dell'opinione pubblica faticano ad arrivare, e ci sono popoli che nonostante la pandemia sono pedissequamente perseguitati. Fra questi, ci sono le popolazioni Rohingya e gli Uiguri.
I rohingya un popolo perennemente in fuga (fonte asianews.it)
I Rohingya, sono un gruppo etnico che da secoli risiede in Myanmar (Birmania) e da ormai più di mezzo secolo hanno conosciuto violenze ripetute e soprusi di ogni genere fino a sfociare nel genocidio. L'esercito del Myanmar e il governo continuano a negare di fatto la legittimità del popolo rohingya sul suolo del paese spesso appellandoli in modo razzista.
Per esempio, durante un viaggio ad Hong Kong nel 2009, un alto diplomatico birmano li descrisse usando termini come"brutti come orchi" e "un popolo che non ha nulla a che fare con il Myanmar".
Nel 2004, Amnesty International evidenziò nel suo rapporto le gravi violazioni che l'etnia rohingya subiva in modo sistematico. Essi erano sottoposti a varie forme di estorsione e di tassazione arbitraria, confisca delle terre, sfratto e distruzione delle loro abitazioni e restrizioni finanziarie sui matrimoni, subendo anche violenze fisiche, stupri ed omicidi di massa e distruzione di moschee. Dal 1978 è cominciata un emigrazione di massa verso il Bangladesh che dura fino ai giorni nostri, che ha portato alla nascita del Cox's Bazaar, il campo profughi più grande al mondo.
Con 70.000 profughi, il campo di Cox's Bazaar è il più grande campo profughi al mondo
Il Myanmar fronteggia al nord con la Cina, dove nel nord-ovest del paese ci sono gli uiguri. Sono un'etnia turcofona di religione islamica che vive nella regione autonoma dello Xinjiang. Queste popolazioni, per cultura (molto affine a quella turca) e fattezze etniche, molto più vicine all' Europa e al Medioriente arabo, sono sempre state considerate “aliene” dai cinesi e gli uiguri stessi guardano con ostilità ai cinesi, creando così delle frizioni che li hanno sempre posti in posizione di conflitto verso il potere centrale di Pechino. Quasi da sempre sono oggetto di un genocidio culturale da parte della Cina, arrivando persino a schedarli con le impronte digitali, scansioni dell’iride e campioni di sangue milioni di uiguri collocati nelle fasce di età comprese tra i 12 ed i 65 anni, analogamente ai rohingya il governo cinese ha cercato di limitare le minoranze etniche con sterilizzazioni forzate e controllo delle nascite. Le tensioni sociali tra gli uiguri e lo stato centrale di Pechino non sono mai mancate, e nel 2009 ci fu l'ultima rilevante sommossa popolare ad Ürümqi, capoluogo dello Xinjiang, che durò una settimana intera e causò 197 vittime e 1721 feriti.
Gli uiguri, sono l'anima islamica nella vastissima varietà culturale cinese
La "Kokbayraq" ovvero la bandiera ufficiale adottata tutt'oggi dagli uiguri come simbolo nazionale dell'ex stato indipendente dell'Est Turkestan (1933-34) la bandiera è vietata dal governo cinese
Che mesi sono stati per loro in questa pandemia? Sicuramente non facili.Circa trecento rohingya in fuga dal governo birmano, sono sbarcati in Indonesia dopo sei mesi in mare, dopo essere stati rifiutati dalla Malaysia e dalla Thailandia. Nel frattempo in Myanmar, il governo utilizza la popolazione rohingya, come capro espiatorio nella propria politica interna specialmente per quanto concernono i contagi e la diffusione del virus. Arrivò addirittura ad appellarli “bengalesi intrusi”, mettendo così i rohingya in una posizione molto pericolosa, già di per se critica vivendo in condizioni di apartheid sociale rispetto al resto della popolazione birmana.
Una vignetta del quotidiano del Myanmar "The Voice" raffigura un rohingya che porta con sè il virus, in una sempre più aspra campagna d'odio.
Anche nel campo profughi rohingya in Bangladesh, il Cox's Bazaar, la situazione è stata veramente difficile e non sono mancati momenti di tensione , ma non si sono verificati per fortuna molti casi e la situazione è stata tenuta sotto controllo.Gli uiguri invece hanno subito pressioni soprattutto per questioni religiose, anche se molti dati non sono trapelati perché la Cina è notoriamente impenetrabile circa la politica interna. Durante il periodo più critico della pandemia, gli uiguri ed altre minoranze etniche sono state utilizzate nelle fabbriche e più in generale in campi di lavoro forzato, pratiche che erano comunque largamente diffuse anche pre-Covid. La pandemia da Covid ha contribuito in modo decisivo ad una recrudescenza delle persecuzioni nei confronti di queste due importanti ma purtroppo semisconosciute minoranze etniche. Ciononostante, questo accade anche in molti altri paesi del mondo, specie nel Medio Oriente dove l'escamotage è sempre lo stesso: cercare un capro espiatorio come valvola di sfogo politica. Questo lo abbiamo visto spesso anche qui da noi, nella civilissima Europa... e nello specifico anche nel nostro paese.
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