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Mafia (?) Capitale: storia di un processo

La storia di Mafia(?) Capitale è una storia all’Italiana, di quelle di cui vediamo lo svolgimento ma non conosciamo, davvero, inizio e fine. Ne abbiamo una nostra idea; l’inizio sono i primi arresti, i titoloni dei giornali, i talk show, la fine è la sentenza passata in giudicato, ma quando tutto abbia avuto inizio e quando finiranno gli strascichi sono questioni che restano aperte, a cui forse più la storia che la cronaca potrà dare un giudizio. La stessa vicenda processuale, rimasta a lungo sotto i riflettori, è quasi una storia nella storia, con il cambio di giudizio della Cassazione sull’aggravante Mafioso, che obbliga l’aggiunta di quel punto di domanda tra Mafia e Capitale. Il processo si apre il 5 Novembre 2015, meno di un anno dopo gli arresti, avvenuti in due blocchi nel dicembre 2014 e nel giugno dello stesso 2015.(I) Gli imputati principali, quelli il cui nome è sulla bocca di tutti, sono Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, ex terrorista di estrema destra, che per ragioni di sicurezza seguono tutto da remoto, videocollegati con l’aula del Palazzo di Giustizia di Roma, ma il processo conta quarantasei indagati. Imprenditori, nomi della politica e dei vertici delle municipalizzate cittadine, la dimostrazione di un sistema che si avvinghia e si snoda lungo tutto l’apparato burocratico del comune e di quel che gli gira intorno. Il rinvio a giudizio viene chiesto anche per l’ex sindaco Gianni Alemanno, che il 20 ottobre 2020 si è visto confermare in appello la condanna a sei anni di reclusione. Mafia o no la capitale c’è, c’è tutta, e non solo a processo. Gli occhi di molti sono puntati sul tribunale, con la stampa autorizzata a seguire, riprendere e divulgare quanto sta accadendo(II): oltre settanta le testate giornalistiche accreditate, un ottantina le richieste per fotografi e telecamere, diversi i giornali stranieri che seguono con attenzione questa novità, la Mafia a Roma, nella città eterna. Non è Palermo, non è Napoli, non ci sono coppola e lupara o accenti imitati male da attori di Hollywood; questa Mafia siede sopra le rovine dell’Impero, sopra ciò che resta di Giulio Cesare e Augusto, tra il Colosseo e le strade in sanpietrini della Dolce Vita. Il processo di primo grado inizia mentre l’inverno si avvicina e finisce oltre un anno e mezzo più tardi, alle tredici del venti luglio 2017. (III) In mezzo ci sono state 230 udienze, terminate appena una settimana prima, il 13 luglio. Dai primi arresti sono passati quasi tre anni. Roma ha un nuovo sindaco, Virginia Raggi, 5 Stelle. Il Movimento, con le sue idee di purezza e onestà, non fatica a farsi strada verso il Campidoglio, vincendo le elezioni comunali dell’anno precedente. Un anno più tardi saranno al governo. Sono quasi tre anni che le parole Mafia e Capitale convivono sulla bocca di tutti. Non si aspetta, ma in Italia non lo si fa mai, la verità giudiziaria. Non si aspetta che ci sia una sentenza, anche solo di primo grado. Perché la rabbia è tanta, l’antipolitica è forte, le parole perdono il loro peso diventando slogan. Se la chiamano Mafia Capitale è sicuramente perché a Roma c’è la Mafia. Perché, allora, lo vedete? I palazzi non sono immuni! Sì, certo, lo sapevamo tutti, noi cittadini, ma ora dovete accettarlo anche voi. La Mafia non è più solo al sud, la Mafia non è la presa in giro verso i meridionali. La Mafia ha l’accento pesante di Francesco Montanari in Romanzo Criminale. La Mafia a Roma è parte di Romanzo Criminale, di quel che resta di un’altra stagione oscura. Ma il venti luglio 2017, nell’aria calda dell’ora di pranzo, coi bambini in vacanza e i turisti in centro, la magistratura romana dice no. Fermi. Non è Mafia. Grave, terribile, vergognoso, ogni aggettivo negativo si sposa bene con la storia che da quasi tre anni è sulle bocche di tutti, ma Mafia è una parola importante, delicata, che va usata con parsimonia e attenzione. O non usata, come in questo caso. Perché esiste sicuramente la Capitale, esistono Roma e i suoi lati oscuri, le infiltrazioni criminali là dove non dovrebbero. Ma non è Mafia, signori e signore. È solo criminalità. Le reazioni politiche non si fanno attendere. (IV) Per il centrodestra, che si sentiva chiamato in causa anche per mezzo dell’ultimo sindaco dallo stesso espresso, è una grande vittoria «Demolito il teorema "Mafia Capitale": da questa sentenza la Procura di Roma esce sconfitta»; «"Mafia Capitale" non è mafia. Abbiamo assistito alla criminalizzazione di un’intera città, bisognerebbe chiederne conto alla Procura. In più sembra che i giudici abbiano compensato la cancellazione della qualifica di associazione mafiosa inasprendo le condanne»; «Nessuna mafia, a Roma ci sono gli stessi delinquenti di Milano, Bologna e Venezia» sono alcune delle significative dichiarazioni di esponenti politici di partiti come Forza Italia o Fratelli d’Italia, a testimoniare quanto la parola Mafia faccia davvero paura negli ambienti politici. Perché la criminalità è brutta tutta, vergognosa tutta, ma se non è Mafia è meglio. E se crolla una teoria della magistratura, quell’altro potere dello Stato col quale i rapporti non sono stati sempre facilissimi, un pochino si può festeggiare. Nel centrosinistra, specialmente nel Partito Democratico, le reazioni non vanno tutte da una stessa parte. Per Roberto Giachetti, l’anno prima candidato Primo Cittadino della città, «D’ora in poi chi accosterà la parola mafia a Roma dimostrerà di non amare la città, continuando sciaguratamente a speculare su una notizia falsa»; insomma è una questione di immagine, di come mostrare Roma al mondo. La città ne esce pulita e tanto basta. Il Segretario Matteo Renzi si esprime poco. Meno esplicitamente, ma in direzione diametralmente opposta, va un altro Matteo, Orfini, che di quello stesso partito è presidente: «Possiamo reagire in tanti modi alla sentenza di ieri, tutti ovviamente comprensibili e legittimi. Ma il più sbagliato è quello forse più diffuso in queste ore: sostenere che si dovrebbe chiedere scusa a Roma perché Roma non è una città mafiosa. A Roma la mafia c’è, forte e radicata [….] Basta spingersi a Ostia e seguire le attività degli Spada, o andare dall'altra parte della città dove regnano i Casamonica. Basta leggere le cronache per trovare la mafia ovunque». Forse perché non ha dentro sé l’animo di un (ex) aspirante Sindaco che ama la sua città sopra ogni cosa, o forse perché la ama così tanto da soffrire nel vederla schiacciata, Orfini non si accosta con gioia alla pronuncia del tribunale, e sottolinea alcune delle realtà più problematiche, che non spariranno in una notte grazie a una sentenza ancora non definitiva. Grande è invece la gioia interna ai 5 Stelle, che non badano tanto a quel 416cp e a quella parola, Mafia. La cosa importante, la soddisfazione, è la certificazione della collusione tra politica e criminalità, del marcio messo nero su bianco, la dimostrazione che c’era dello sbagliato, prima di loro. Passa l’estate, l’autunno si affaccia su Roma e mentre le giornate si accorciano, verso la metà di ottobre, arrivano le motivazioni della sentenza. 3200 pagine in cui si spiega quella frase che a fine luglio aveva diviso in due l’opinione pubblica e la politica: perché non è mafia? Perché, secondo il Tribunale di Roma, qualcosa manca a quell’organizzazione criminale. Manca una storia, un passato, qualcosa che la colleghi ad altre formazioni mafiose operanti sul territorio. Collegamenti con il grigiore passato ce ne sono, con gli anni difficili della Banda della Magliana, ma quella non fu Mafia, non sta scritto da nessuna parte, e quindi non può esserlo neanche questa. Inoltre, mancando alle spalle un’organizzazione più antica, non c’è neanche quella “Riserva di violenza” di cui spesso si parla nelle sentenze sulle mafie che emigrano. Le mafie al nord, ad esempio, che possono far forza sulle loro origini, sul potere radicato in altri luoghi, per godere di un, discutibile, rispetto, prestigio e timore anche nelle nuove zone in cui vanno ad operare. E poi, per ultimo, c’è che si parla principalmente di corruzione, in tutta questa vicenda. Non c’è quel metodo mafioso tanto qualificante secondo il nostro codice penale, il metodo pregnante per l’articolo 416bis, quello che distingue la Mafia dalle altre organizzazioni criminali. Come può essere Mafia, se il metodo mafioso manca? (V) La storia processuale non si ferma, si va in appello. Il processo si apre il 5 Marzo 2018, 28 mesi esatti dopo l’inizio di quello in primo grado. C’è meno clamore, meno scandalo, la notizia passa un po’ sottotraccia rispetto a quanto successo nel 2015. Gli imputati principali sono ancora connessi in videoconferenza, l’agenda del tribunale è fitta, le udienze quasi tutte già programmate. C’è una novità importante, a livello giurisprudenziale, che condiziona a suo modo l’azione delle nuova Corte giudicante. Nel tempo trascorso tra la sentenza di Luglio e l’inizio dell’Appello, infatti, la Corte di Cassazione ha avuto modo, nel merito di altri procedimenti, di annullare alcune sentenze dalle quali era stato escluso il reato di associazione Mafiosa nei confronti di associazioni piccole e nuove. Una delle sentenze riguarda un gruppo attivo proprio su Roma, il Clan Fasciani di Ostia, per il quale il reato ex 416bis era stato escluso dalla stessa Corte d’Appello davanti alla quale attendono il giudizio Carminati e gli altri imputati. La Cassazione è stata chiara: per parlar di Mafia possono bastare «piccole mafie con un basso numero di appartenenti (bastano tre persone)» capaci di «assoggettare un limitato territorio o un determinato settore di attività avvalendosi del metodo dell’intimidazione da cui derivano assoggettamento e omertà». (VI) Sono proprio queste novità a muovere la Procura di Roma verso il ricorso, aprendo alla possibilità che qualcosa cambi, che Mafia Capitale torni a essere mafia anche per la giustizia Italiana. Il processo di Appello dura poco più di sei mesi, concludendosi l’11 Settembre dello stesso anno. Forse troppo ironico dire che la decisione del II grado ha “ribaltato la situazione”, come fosse un programma televisivo, ma nei fatti è proprio quello che succede, perché per la Corte di Appello quella fu Mafia. (VII) La sentenza riduce le pene, Carminati passa da vent’anni a quattordici anni e sei mesi, Buzzi dai diciannove anni del I grado ai 18 e quattro mesi del II, ma la condanna torna a legarsi a quell’articolo 416bis che forse, se mai fosse entrato in tutta questa vicenda, non avrebbe reso il caso così eclatante. Quanto questa decisione sia pesante è chiaro fin da subito. La diminuzione degli anni di condanna non fa gioire nessuno, ma quella parola su cui tutto si gioca, Mafia, scatena subito reazioni importanti, specialmente dagli avvocati dei due imputati principali. Per Alessandro Diddi, legale di Buzzi, quello che è accaduto “[…] è una bruttissima pagina per la giustizia del nostro paese” tanto da rendere per i cittadini “molto pericoloso vivere in Italia”, mentre per Giosuè Naso, l’avvocato di Massimo Carminati, la sentenza è una – sgradita – sorpresa: “L’insussistenza dell’accusa mafiosa mi sembrava inattaccabile: mi sbagliavo. Questo collegio ha invece riconosciuto l’esistenza della mafia” dice immediatamente dopo la lettura della sentenza, parlando anche di una magistratura che si arroga un diritto di moralizzazione della società (VIII) La politica, invece, ha questa volta una reazione più unanime, di soddisfazione per il lavoro dei magistrati e del collegio giudicante. La soddisfazione è trasversale, soprattutto tra PD e 5 Stelle, in questo momento avversari in Parlamento, i primi all’opposizione e i secondi parte del Governo Conte I. (IX) Le motivazioni della sentenza giungono tre mesi più tardi, in dicembre. 590 pagine. Per dire che fu Mafia basta circa un sesto delle parole che spiegarono come mai non lo fosse: "Ai fini della sussistenza del delitto di associazione mafiosa, non è rilevante né il numero modesto delle vittime (che il tribunale ha indicato nel numero di 11) né il limitato contesto relazionale e territoriale.” Scrivono i giudici di Appello. “Non può escludersi il carattere mafioso della nuova associazione perché non sono elementi costitutivi di tale elemento né il controllo generale del territorio né una generalizzata condizione di assoggettamento e omertà della collettività. Nella associazione Carminati conferì la sua forza di intimidazione e Buzzi conferì l'organizzazione delle cooperative e il collaudato sistema di corruttela e prevaricazione.” Una associazione sola, che in sé recava quei caratteri richiesti dall’ordinamento per qualificarsi come Mafia. Specificano inoltre che “Elementi di fatto a conferma del carattere mafioso dell'associazione possono trarsi anche dalla protezione garantita ad imprenditori e dal successivo inserimento nella loro attività con un rapporto caratterizzato dalla gestione di affari in comune.”, l’organizzazione come tramite tra imprenditori e malavita, come mezzo di passaggio per alcuni dall’imprenditoria alla malavita. E d’altra parte, aggiunge il tribunale nelle sue motivazioni, "L'associazione ebbe una capacità di infiltrazione nell'amministrazione non solo attraverso la forza dell'intimidazione del vincolo associativo, ma anche con la corruzione e con la collaborazione dei corrotti che determinarono l'assoggettamento dei funzionari e il timore degli imprenditori". Non c’era solo la corruzione, e non è importante che secondo la Giurisprudenza fino ad ora Roma non abbia un passato di Mafia autoctona. Questa volta la Mafia c’è, è di nuovo Mafia Capitale, è di nuovo quella brutta storia che ad alcuni pare solo un cattivo biglietto da visita.(X) Il 22 ottobre 2019 è un martedì. Sulla città eterna non soffia vento, il cielo è stato sereno tutto il giorno e le temperature sono ancora sui quei venti gradi che rendono piacevole l’autunno Romano. La sera si stende pigra in un clima di normalità che sembra immutabile, si chiude una giornata uguale a tante altre che son state, a tante altre che saranno. Quattro mesi più tardi in Italia verrà diagnosticato il primo caso di Covid19, uno spartiacque tra un prima e un dopo che sembra inimmaginabile. È questa la situazione generale che accoglie la fine della vicenda Mafia Capitale, quantomeno dal punto di vista del processo più grande. A Piazza Cavour, nel centro storico di Roma, la Corte di Cassazione comunica la sentenza definitiva sul processo iniziato quattro anni prima. Conferma 8 condanne date in Appello, non quelle per Buzzi e Carminati, ma soprattutto dà la risposta definitiva, almeno per questa vicenda, sulla presenza o meno della Mafia a Roma. E quella risposta è no, come disse il I grado. A Roma la Mafia non c’è, non la Mafia che indica il 416bis del codice penale, almeno. (XI) La difesa, che attende il ricalcolo delle pene, esulta: “Il reato di mafia è caduto per manifesta infondatezza. Finalmente c'è un giudice a Berlino” commenta Francesco Tagliaferri, difensore di Massimo Carminati, e simile è anche la soddisfazione di Alessandro Diddi, legale di Buzzi. "la Cassazione ha riconosciuto quello che dicevamo sin dall'inizio e cioè che c'era un sistema di corruzione marcio ma non la mafia". Per Virginia Raggi la questione 416bis non cambia la situazione generale in cui si trovava Roma prima della sua elezione, né modifica le intenzioni "Questa sentenza conferma comunque il sodalizio criminale. […] Lavoriamo insieme ai romani per risorgere dalle macerie che ci hanno lasciato, seguendo un percorso di legalità e diritti”. Stupore e rispetto per l’operato della magistratura si fondono, in fine, nelle parole di Nicola Morra, Presidente della commissione Parlamentare Antimafia. " A Roma non c'era mafia. Secondo la Cassazione. Le sentenze si rispettano. Ma le perplessità, i dubbi, le ambiguità, permangono tutte". (XII) Le motivazioni della sentenza vengono pubblicate a giugno 2020, e riprendono in parte quelle già note dopo la sentenza di I grado. Sottolineano che associazione a delinquere vi è, ma non di stampo mafioso, non riuscendo a riscontrarsi nel comportamento degli imputati “né l’utilizzo del metodo mafioso, né l’esistenza del conseguente assoggettamento omertoso, ed essendo stato escluso che l’associazione possedesse una propria e autonoma “fama” criminale mafiosa”, caratteri che la legge, per come è formulata, ritiene imprescindibili.(XIII) Forse troppo rigorosi nell’attenersi a un testo di quasi quarant’anni prima, nato nel clima feroce di guerre di Mafia sanguinolente, i giudici hanno posto l’ultima parola sulla vicenda iniziata nel 2014. (XIV) Nulla quaestio sulla possibilità che a Roma ci sia o meno la Mafia in senso ampio: già altre sentenze hanno riconosciuto che in casi e storie diverse la Mafia ex art 416bis ha operato nel territorio del comune di Roma. C’è Mafia nella Capitale? Sì. C’è Mafia Capitale? No. Il gioco di parole, la differenza di una preposozione articolata, se anche fa sorridere, è un punto importante nella storia di Roma, della criminalità, della giustizia Italiana. Rimarrà questa sentenza nelle cronache e negli annali, e farà forse capolino in qualche caso futuro. Magari sarà un giorno lontano quello in cui un giudice motiverà altra sentenza richiamandosi, per similitudine o contrario, a questa. Troppo ottimistico augurarsi che mai accada perché mai altri casi di corruzione simile saranno d’ora in poi impossibili da verificarsi, più realistico pensare a un futuro in cui il legislatore possa rivedere la normativa e confrontarla a una situazione attuale in cui la Mafia è molto diversa da quella degli anni ’80, a Roma come in ogni parte d’Italia, e forse del mondo. Attualmente Massimo Carminati e Salvatore Buzzi sono in attesa del ricalcolo delle pene dopo la caduta dell’aggravante mafioso. Il primo ha recentemente visto rigettare una richiesta di patteggiamento in quanto è stato definito “delinquente abituale”.(XV) Per lui la richiesta sono undici anni e mezzo di reclusione.

Referenze

I http://roma.repubblica.it/cronaca/2015/11/05/news/mafia_capitale_al_via_il_maxi_processo_alla_sbarra_gli_uomini_di_carminati-126637645/ II https://www.ansa.it/sito/notizie/speciali/editoriali/2015/11/05/processo-mafia-capitale-lo-speciale_235fd22d-c6c2-4ab8-ad92-240e1fda1582.html III https://lab.gedidigital.it/repubblica/2017/processo-mafia-capitale/ IV https://espresso.repubblica.it/attualita/2017/07/21/news/sentenza-mafia-capitale-le-reazioni-della-politica-1.306549 V http://www.liberainformazione.org/2017/10/18/mafia-capitale-ecco-le-motivazioni-del-primo-grado/ VI https://espresso.repubblica.it/attualita/2018/03/05/news/mafia-capitale-nel-silenzio-generale-riapre-il-processo-a-carminati-buzzi-e-soci-1.319167 VII https://www.italiaoggi.it/news/mafia-capitale-l-appello-riconosce-l-associazione-mafiosa-a-carminati-e-buzzi-201809111510344677 VIII https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/09/11/mafia-capitale-esiste-in-appello-riconosciuta-laggravante-mafiosa-ma-pena-scontata-a-buzzi-e-carminati/4617789/ IX https://www.ildubbio.news/2018/09/12/la-rivincita-di-pignatone-sentenza-dappello-la-mafia-a-roma-ce/ X https://roma.repubblica.it/cronaca/2018/12/11/news/mondo_di_mezzo_giudici_fu_mafia_sistema_collaudato-213968898/ XI https://roma.repubblica.it/cronaca/2019/10/22/news/mafia_capitale_attesa_nel_pomeriggio_la_sentenza_della_cassazione_si_decide_su_416_bis-239183412/ XII https://tg24.sky.it/cronaca/2019/10/22/sentenza-mafia-capitale-cassazione XIII https://www.giurisprudenzapenale.com/2020/06/12/mafia-capitale-depositata-la-sentenza-della-cassazione/ XIV https://dirittopenaleuomo.org/contributi_dpu/mafia-capitale-e-il-simbolo-delle-metamorfosi-mafiose/ XV https://espresso.repubblica.it/attualita/2020/11/18/news/massimo-carminati-e-delinquente-abituale-e-non-puo-per-legge-concordare-la-riduzione-della-pena-1.356254 Immagine: https://www.open.online/wp-content/uploads/2019/10/mafia-cap.jpeg

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