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Non tornare più, non ci pensare a noi

Non tornare più, non ci pensare mai a noi, non ti voltare, non scrivere. Non ti fare fottere dalla nostalgia, dimenticaci tutti. Se non resisti e torni indietro, non venirmi a trovare, non ti faccio entrare a casa mia, o' capisti? Questa è la più iconica frase del “Nuovo Cinema Paradiso” film di Giuseppe Tornatore musicato da Ennio Morricone, vincitore del premio oscar come miglior film straniero nell’edizione del 1990. Siamo nella Sicilia post secondo conflitto mondiale, nel piccolo paesino di Giancaldo. Alfredo, vecchio gestore del “Cinema Paradiso” reso cieco da un incidente in sala proiezioni chiede a Totò, un ventenne di buone speranze con una passione enorme per il cinema di andare via da quella terra per trovare sé stesso e realizzarsi come regista a Roma.

Vattinni chista è terra maligna! Fino a quando ci sei ti senti al centro del mondo, ti sembra che non cambia mai niente. Poi parti. […]Ora tu sei più cieco di me.

Come Totò moltissimi giovani meridionali hanno dovuto abbandonare le loro radici per inseguire un sogno, un’ambizione o anche soltanto per scappare dalla povertà della loro terra maligna.


Facendo un attimo un passo indietro, è possibile notare che l’Italia sia stata una terra di emigrazione: si stima che dall’unificazione nazionale al 1970 ben 30 milioni di persone abbiano lasciato il bel paese [i]. Questo flusso nell’ultimo dopoguerra cambiò corso. Non si varcarono più i confini nazionali ma ci fu una mobilità interna. Il luogo di partenza era il Sud Italia e i poli di arrivo erano le tre città del “triangolo industriale”: Milano, Torino e Genova, che in quegli anni stavano vivendo il sogno del boom economico, mentre a meridione si era rimasti immobili.


Come vedremo in seguito la migrazione interna non è un fenomeno circoscritto a un determinato momento storico e a contingenze irreplicabili, è piuttosto un fenomeno endemico della nostra nazione, fenomeno ancora presente al giorno d’oggi, epoca in cui in boom economico è ormai preistoria e soprattutto epoca in cui, almeno teoricamente, ci sarebbe dovuto essere un gap Nord-Sud meno acuto di quello del dopoguerra.

Facciamo una precisazione prima di guardare i dati: migrare è un diritto sacrosanto senza ombra di dubbio. Ognuno può decidere cosa fare nella propria vita, a cosa aspirare e dove sentirsi a casa. Quello che non è ammissibile è migrare come obbligo. Milioni di Totò hanno lasciato la loro realtà mal volentieri per questioni di necessità, e milioni lo fanno ancora oggi. Non è ammissibile pensare di spostarsi per bisogno in un paese come l’Italia di oggi; migrare dovrebbe far accrescere quello che si ha, non si dovrebbe fare per cercare quello che la tua terra ti ha negato. Se era ammissibile nel 1950, a settant’anni di distanza non lo è più.


Secondo un’analisi dello SVIMEZ [ii] (associazione per lo sviluppo del mezzogiorno) tra il 2002 e il 2017 il Sud ha perso ben due milioni di propri cittadini, 132.187 nel solo 2017. Comparando gli emigranti rispetto a chi fa ritorno al Sud, il saldo negativo è di oltre 800.000 unità. Andando ad analizzare i dati, si può notare che ci lascia il Sud è tendenzialmente giovane (51,4%) e con alto livello di istruzione (i laureati sono il 23%).

Guardando invece i luoghi di origine degli emigranti, la stragrande maggioranza viene da paesini con meno di 5.000 abitanti, come Giancaldo nel film di Tornatore. Sempre secondo l’analisi SVIMEZ i paesini con meno di 5000 abitanti del Sud hanno perso dal 2002 al 2017 256.000 unità, mentre gli omologhi del Nord ne hanno guadagnati 320.000.





Secondo un’analisi del Sole 24 ore [iii] le motivazioni principali dell’esodo dal meridione sono a causa della mancanza di meritocrazia e l’impossibilità dei cittadini meridionali di poter esprimere le loro qualità e il loro talento. Questa analisi coincide perfettamente con “nuovo Cinema paradiso”; verità o narrazione, i numeri sono comunque molto elevati, ancora di più se inseriamo nell’analisi i vari fattori macro e microeconomici analizzati precedentemente [v] [vi].


In una analisi di Panorama [iv] il 84% dei giovani meridionali intervistata ammette che sarebbe disposta per motivazioni lavorative di lasciare il proprio paese di origine, di questi l’87% è laureata. Questa emorragia di talenti non fa che impoverire un Sud già poco appetibile e arricchire altri territori (il Nord e in misura minore l’estero) che beneficiano dei prodotti di una terra che educa i propri figli per poi vedersene privare, proprio come con Totò.


Quindi traendo le somme, ognuno può emigrare, non è detto che siamo nati per vivere nello stesso posto, caso diverso è invece andarsene perché questo non ti offre nulla. Purtroppo però non esistono analisi in grado di dirci come sarebbe la situazione se il Sud offrisse le stesse possibilità del Nord (istruzione ed occupazione in primis). Rimane tutto quindi nel campo del forse, a noi rimangono solo i numeri di una migrazione ancora in corso, i treni pieni di giovani e le piazze dei paesini pieni di anziani e di mamme che aspettano un ritorno.

Referenze

[vii] immagine tratta da " Nuovo Cinema Paradiso" di Giuseppe Tornatore

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