top of page

Nuova Via della Seta: aiuto allo sviluppo o politica della trappola del debito?

Aggiornamento: 2 giu 2020

Quando si parla della lotta per la leadership mondiale si pensa alla mutual assured destruction tra Mosca e Washington. Sfida vinta, poi, dagli Stati Uniti che hanno assunto il ruolo di guida mondiale. 


Si sta assistendo, tuttavia, a un nuovo shift nel paradigma mondiale. Da un po’ di tempo si è unito al tavolo un nuovo giocatore, con strumenti nuovi e meno evidenti della corsa agli armamenti: la Cina. Con la sua politica economica export-oriented, Pechino ha trovato un modo per entrare nella partita. La sua ascesa quasi silenziosa, alla fine del XX° secolo, a seconda potenza mondiale, si è fatta più rumorosa solo con il leader Xi Jinping, salito al potere nel 2012, facendo tremare l’impero americano.


L’esperimento più pericoloso per gli equilibri mondiali consiste nel grande progetto cinese lanciato nel 2013, la One Belt One Road Initiative (BRI), o nuova Via della Seta. La BRI è un’iniziativa strategica che si esplica in un complesso sviluppo di infrastrutture per sostenere la crescita del commercio internazionale, collegando la Cina e l’Europa, passando per l’Asia e l’Africa. La BRI è stata paragonata all’americano Piano Marshall, sebbene valga 12 volte di più, dal momento in cui, secondo i suoi difensori, mira a tagliare i costi, aumenta la connettività e aiuta le economie nazionali dei Paesi attraversati riducendone la povertà.

Focalizziamoci sul suo funzionamento. Le “tappe” della Nuova Via della Seta, le quali consistono in infrastrutture come porti, ferrovie, aeroporti, spesso vengono rilevate o costruite da compagnie cinesi o addirittura tramite prestiti dalla stessa Cina allo Stato che vuole partecipare al progetto. Ed è proprio questo snodo della BRI che ha fatto scattare l’allarme da parte degli osservatori internazionali. È interessante capire quale può essere l’effetto di tali prestiti sulle economie di Paesi più deboli, un fenomeno che si è cominciato a studiare e a cui si è dato il nome di “debt trap” policy.


Fomentate specialmente dagli Stati Uniti e dall’India, nel tempo sono aumentate le apprensioni sullo stile predatorio che Pechino ha adottato nei rapporti con i suoi partner commerciali più deboli. Particolarmente preoccupante, secondo alcuni esperti, è il modo in cui la Cina starebbe finanziando progetti costosi con prestazioni scadenti. Nei casi (plurimi) di incapacità di restituzione di tali prestiti, la debt trap policy prende piede. Secondo i sostenitori di questa teoria, il modello funziona così: Pechino condona il prestito in cambio di silenzio su questioni chiave come le violazioni di diritti umani, con influenza politica, o addirittura per un guadagno strategico ai danni del Paese debitore, come nel caso dello Sri Lanka.


In questo comportamento dunque si esplica la teoria della diplomazia della trappola del debito, il cui caso più esplicativo è appunto quello del porto di Hambatnota in Sri Lanka. Il porto è stato uno dei maggiori investimenti cinesi nello Stato sull’Oceano Indiano, concesso in leasing alla Merchant Port Holings Limited cinese per 99 anni in cambio di 1,12 miliardi di dollari nel 2017. Lo Sri Lanka ha dunque “prestato” il suo porto a Pechino, non riuscendo a ripagare il debito precedentemente accumulato per la costruzione del porto stesso. C’è tuttavia da prendere il considerazione la condizione preesistente del debito dello Sri Lanka, già precaria prima del gravoso prestito cinese.


Il caso cingalese ha evidenziato, se non altro, un comportamento aggressivo da parte della Cina con i suoi Stati partner, e non c’è da dimenticare che l’accordo di leasing non esclude la possibilità di far attraccare nel porto in questione mezzi militari, sebbene previo consenso del governo di Colombo.


Per l’analisi del think tank Center for Global Development, dall’inizio del 2019, otto paesi che avevano aderito all'iniziativa BRI rischiavano di non riuscire a rimborsare il prestito. Secondo lo studio, questi Paesi, tra cui Pakistan, Montenegro, Mongolia, Laos, devono più della metà del loro debito estero alla Cina.


In più, l’Institute for Security Studies si è preoccupato di studiare gli effetti che tale politica potrebbe avere ai danni delle traballanti economie africane. Anche l’Africa fa parte del piano della BRI: l’iniziativa cinese creerà la più grande zona di libero scambio del continente nel Corno d’Africa e dovrebbe includere anche l'East African Railway Master Plan. L’epicentro del progetto cinese è il Gibuti, una piccola nazione dell’Africa orientale che gode di un’ottima posizione strategica e ospita già una base militare cinese (la prima d’oltremare, che affaccia sull’Oceano Indiano), ma anche una statunitense, una francese e una italiana. Pechino ha finanziato numerose infrastrutture all’interno del Paese, tra cui un porto, due nuovi aeroporti e la ferrovia Etiopia-Gibuti. La portata di questi progetti, uniti alla condizione del Gibuti (piccolo e povero), rende significativa la presenza della Cina. Secondo l’ISS, il problema non risiede tanto nell’investimento cinese, in quanto l’Africa soffre di un deficit strutturale notevole, ma nella capacità di restituirlo nei termini definiti. Con una base di reddito ridotta e un'economia non diversificata, ci sono dubbi sulla capacità di ripagare il debito, soprattutto in un contesto di prezzi deboli di materie prime. Tale strategia ha già avuto effetti negativi nella Repubblica Democratica del Congo con il rame e il cobalto, in Zambia, sempre con il rame e in Angola con il petrolio.


Con i dati attuali a disposizione, sembrerebbe che la Cina stia attuando una versione più sfumata della debt trap policy. La realtà è che la BRI è ancora un progetto in erba e la Cina dovrebbe essere ancora in grado di riaggiustare il tiro nei comportamenti con i suoi partner. In più, una complicazione concreta alla già precaria situazione degli Paesi indebitati è l’effetto del Covid-19 sulle economie e sulla possibile incapacità di restituzione del prestito.


I rischi che porta un debito insostenibile a uno Stato è purtroppo un leitmotiv delle relazioni internazionali (e anche all’interno dei fori multilaterali) dall’inizio del processo di decolonizzazione. Probabilmente, al posto di ricercare l’obiettivo nella politica estera cinese dovremmo chiederci perché, ad oggi, mancano istituzioni e norme internazionali efficaci al controllo del debito dei Paesi in via di sviluppo.


REFERENZE



1. What is China's Belt and Road Initiative?, Lily Kuo and Niko Kommenda, The Guardian, https://www.theguardian.com/cities/ng-interactive/2018/jul/30/what-china-belt-road-initiative-silk-road-explainer

2. Belt and Road Initiative: Advancing China’s debt-trap diplomacy?, Bob Koigi, Fair Planet, Settembre 2019, https://www.fairplanet.org/story/belt-and-road-initiative-advancing-china’s-debt-trap-diplomacy/

3. Belt &Road 2.0: Questione di governance?, Sara Cristaldi, ISPI, Giugno 2019, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/belt-road-20-questione-di-governance-23300

4. Is Sri Lanka Really a Victim of China’s ‘Debt Trap’?, Umesh Moramudali, The Diplomat, Maggio 2019, https://thediplomat.com/2019/05/is-sri-lanka-really-a-victim-of-chinas-debt-trap/

5. How China Got Sri Lanka to Cough Up a Port, Maria Abi-Habibm The New York Times, Giugno 2018, https://www.nytimes.com/2018/06/25/world/asia/china-sri-lanka-port.html

6. Examining the Debt Implications of the Belt and Road Initiative from a Policy Perspective, John Hurley , Scott Morris and Gailyn Portelance, Center for Global Development, https://www.cgdev.org/sites/default/files/examining-debt-implications-belt-and-road-initiative-policy-perspective.pdf

7. Will China's Belt and Road Initiative Push Vulnerable Countries into a Debt Crisis? John Hurley, Scott Morris and Gailyn Portelance, Center for Global Development, https://www.cgdev.org/blog/will-chinas-belt-and-road-initiative-push-vulnerable-countries-debt-crisis

8. Lessons from Sri Lanka on China's 'debt-trap diplomacy', Ronak Gopaldas, Institute for Security Studies, https://issafrica.org/amp/iss-today/lessons-from-sri-lanka-on-chinas-debt-trap-diplomacy

9. China’s Djibouti Base: A One Year Update, Tyler Headley, The Guardian, https://thediplomat.com/2018/12/chinas-djibouti-base-a-one-year-update/

10. Experts dispel claims of China debt-trap diplomacy in Pacific but risks remain, Ben Doherty, The Guardian, 2019 https://www.theguardian.com/world/2019/oct/21/chinese-loans-expose-pacific-islands-to-risk-of-unsustainable-debt-report-finds

171 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page