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Perché gli USA non riconoscono il genocidio armeno

Il candidato democratico alla Casa Bianca Joe Biden, ex vicepresidente con Barack Obama, ha recentemente espresso la sua volontà, in caso di vincita alle elezioni di novembre 2020, di riconoscere il massacro avvenuto in Armenia tra il 1915 e il 1917 come genocidio.


Perché un crimine avvenuto più di un secolo fa è stato tirato in ballo in piena corsa elettorale?


Ripercorriamo velocemente la storia. Il Medz yeghern, ossia “il grande crimine” in armeno, riguarda lo sterminio e la deportazione di massa della popolazione cristiana dell’Armenia occidentale per mano dell’impero Ottomano durante la prima guerra mondiale. Il numero di vittime è controverso: secondo le fonti turche, si fermerebbe a duecentomila, secondo quelle armene a due milioni e mezzo. Il bilancio più comunemente accettato dalla comunità accademica si assesta intorno a un milione e mezzo di caduti.


La Turchia, erede della tradizione ottomana a seguito degli accordi di Losanna del 1923, non ha mai accettato la definizione di genocidio. Nel tempo, il negazionismo turco ha presentato dei tratti a dir poco estremi: il codice penale all’articolo 301 punisce espressamente l’insulto contro lo spirito turco. Tale norma è stata largamente utilizzata per accusare intellettuali e scrittori che hanno cercato di far luce sui fatti del 1915-1917, tra cui il premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk e Hrant Dink, ucciso nel gennaio 2007 molto probabilmente da un nazionalista turco.


La tesi di Ankara si basa sul concetto di difesa e sostiene che l’eccidio armeno compiuto dall’impero della Porta deve essere inquadrato nel contesto bellico come una risposta all’insurrezione e alla necessità di difendere le frontiere, sottolineando che il numero di morti tra le fila ottomane è allo stesso modo elevato.


Solo 29 Stati, tra cui l’Italia ma solamente nel 2019, hanno riconosciuto il genocidio armeno. L’ultimo ad averlo fatto è stata la Siria, a metà febbraio 2020, in chiara funzione anti turca. Dal canto suo, il congresso americano è da 35 anni che dibatte sul riconoscerlo o meno. Non è in questo contesto da sottovalutare l’importanza della lobby armena nei media statunitensi, con personaggi di spicco quali Kim Kardashian. L’ultima volta che il tema è stato affrontato a Washington risale ad Ottobre 2019, quando l’attuale presidente, Donald Trump, ha minacciato Erdogan di far diventare l’ipotesi realtà qualora l’esercito turco avesse invaso la Siria a seguito del ritiro militare americano dalla regione. La risoluzione è passata, con un consenso bipartisan di 405 voti favorevoli e solo 11 contrari, ma il presidente Trump si è distaccato dalla decisione del Congresso, non volendo mettere a rischio gli equilibri dell’Alleanza Atlantica.


Si capisce dunque che il riconoscimento del genocidio può essere un’utile arma per inasprire l’animo del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Tale riconoscimento gioca un ruolo nel più complesso rapporto tra Washington e Ankara. La Turchia è un alleato che crea non poche difficoltà alla NATO. Divenuto membro nel 1952, lo Stato è un giocatore importante in una regione volatile e focale nelle strategie americane, trovandosi tra Russia e Medio Oriente, dove la guerra in Siria ha impegnato le potenze occidentali negli ultimi sei anni.


I rapporti tra i due alleati sono tesi sin dal fallito golpe ad Ankara del luglio 2016 . La politica estera di Erdogan ha seguito una strategia di diversificazione, o politica del pendolo, allacciando rapporti con la Russia, terza potenza al mondo e in competizione storica con gli Stati Uniti, rimanendo nella NATO. Tra i più recenti motivi d’attrito, oltre alle operazioni militari turche in Siria, spicca l’acquisto dei missili russi S-400 da parte di Ankara, e forse anche dei caccia Suhkoi, motivi per i quali Washington sta valutando se sanzionare economicamente il paese.


In più, è ancora aperta la questione della causa contro la HalkBank, seconda banca pubblica del Paese mediorientale. La giustizia statunitense ha condannato un suo dirigente, Mehmet Hakan Atilla, con l’accusa di aver evaso le sanzioni restrittive contro l’Iran. Attila è stato dichiarato colpevole per cinque sui sei capi d’accusa, tra cui spiccano frode bancaria e associazione a delinquere per violazione delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti alla Repubblica Islamica. La risposta turca non si è fatta attendere: Erdogan ha insinuato che la decisione sarebbe stata politicamente motivata. Il 31 marzo la banca si è dichiarata non colpevole e il processo sta continuando, ma un’eventuale condanna avrebbe effetti molto più seri delle sanzioni per i missili perché toccherebbe l’intero sistema bancario.


Anche nel rapporto trilaterale tra Turchia, Stati Uniti e Russia, l’Armenia gioca un ruolo non da poco: Mosca ha storicamente un forte legame con la comunità armena e ospita un numero elevato di immigrati dallo Stato caucasico. Questo rapporto è alla base del contestato soft power che Mosca ha nei confronti di Erevan, e non è da dimenticare la presenza dell’Armenia nell’alleanza difensiva CSTO, l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, fondata nel 1992 e capitanata dal Cremlino. Mosca, come Washington, ha strumentalizzato la questione del genocidio anche in tempi recenti. Il presidente russo, Vladimir Putin, si è più volte espresso sull’argomento infastidendo le autorità turche.


In questo quadro si inserisce l’affermazione di Biden. È ancora presto per predire quale potrebbe essere la sua politica estera se eletto ma la realtà è che riconoscere il genocidio armeno comprometterebbe un rapporto già instabile ma comunque di importanza strategica e politica. La posizione geografica della Turchia permette alla NATO di avere due basi militari a ridosso della regione mediorientale, vicine all’Iran. In più, una scissione interna all’Alleanza Atlantica ne comprometterebbe la credibilità. La promessa del candidato dem è facilmente riconducibile ad una strategia di braccio di ferro con la Turchia. In questo, il possibile nuovo presidente americano dimostra di non seguire, almeno a parole, non solo le mosse di politica estera di Trump, ma anche quelle di Obama. Anche lui, in corsa per la Casa Bianca, si era espresso a favore del riconoscimento del genocidio armeno ma, durante il suo mandato, seppur promuovendo la pace tra Ankara e Erevan, ha evitato di utilizzare il termine.


Il mantenimento di tale promessa porterebbe a una imponente revisione della politica estera americana nella regione, rompendo probabilmente in maniera definitiva il sodalizio con la Turchia e per questo disimpegnandosi ancora di più in Medio Oriente. La strategia americana si potrebbe concentrare dunque sul contenimento del soft power russo nell’ex repubblica sovietica e, allargandosi, nella regione caucasica. Tuttavia, questa prospettiva sembra poco plausibile dato il peso che il Medio Oriente e specialmente l’Iran continuano ad avere nell’agenda americana.




REFERENZE


Se riconoscere il genocidio armeno è un’arma politica, Elena Tafuro Ambrosetti, ISPI, Ottobre 2019: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/se-riconoscere-il-genocidio-armeno-e-unarma-politica-24284

A Belated Recognition of Genocide by the House, Samantha Power, New York Times, Ottobre 2019: https://www.nytimes.com/2019/10/29/opinion/turkey-armenian-genocide-congress.html


La Turchia mette alla prova la NATO, e rischia l’isolamento, Stefano Stefanini, Luglio 2019


Anche l'Italia riconosce il genocidio armeno, Comunità Armena, Agosto 2019: http://www.comunitaarmena.it/anche-litalia-riconosce-il-genocidio-armeno-rassegna-stampa-11-04-19/

Biden pledges to recognize 1915 Armenian genocide, Ramsen Shamon, Politico, Aprile 2020: https://www.politico.com/news/2020/04/24/biden-armenian-genocide-207587

The Politics of Genocide and the Turkey-Armenia Protocols, Roger W. Smith, Zorian Institute, Ottobre 2009 : https://zoryaninstitute.org/wp-content/uploads/2017/04/Politics-of-Genocide-and-the-protocols.pdf

Cos’è il genocidio degli armeni del 1915, Internazionale, Aprile 2015: https://www.internazionale.it/notizie/2015/04/23/genocidio-armeni-1915-cause-riassunto


Legge 11 marzo 1952, n. 153, Adesione dell'Italia alla Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite (in Gazz. Uff., 27 marzo, n.74): http://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/20050424073119.pdf




Despite campaign vow Obama declines to call massacre of Armenians genocide, New York Times, Aprile 2016: https://www.nytimes.com/2016/04/23/world/europe/despite-campaign-vow-obama-declines-to-call-massacre-of-armenians-genocide.html

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