Sette gruppi ambientalisti hanno fatto causa a Shell, gigante multinazionale olandese nel campo dei combustibili fossili. Il caso è il primo in cui gli attivisti hanno portato una grande azienda energetica in tribunale per costringerla a rivedere la sua strategia climatica.
La sentenza
Mercoledì 26 novembre, in un tribunale olandese, una sentenza storica ha stabilito che il gigante petrolifero Shell deve ridurre enormemente le sue emissioni. La causa è stata presentata nell'aprile 2019 da sette gruppi di attivisti, tra cui Greenpeace, per conto di 17.200 cittadini olandesi. Le citazioni in tribunale sostenevano che il modello di business di Shell “sta mettendo in pericolo i diritti umani e le vite” rappresentando una minaccia per gli obiettivi stabiliti nell'accordo di Parigi.
Prima della sentenza, la strategia climatica di Shell mirava a fare diventare l’azienda a emissioni zero entro il 2050 e, nel frattempo, gradualmente ridurre le emissioni. Entro il 2035, la strategia prevedeva di ridurre le sue emissioni di CO2 del 45% e, entro in 2030, aveva posto come obiettivo di abbassarle del 20%. All’inizio di questo stesso anno, Shell aveva definito la sua strategia climatica come una delle strategie più ambiziose del settore. L’obiettivo iniziale era di ridurre le emissioni di carbonio di almeno il 6% entro il 2023 fino ad arrivare 100% entro il 2050, rispetto ai livelli del 2016. [i]
Ma il tribunale olandese, nella sua sentenza, ha definito la politica climatica di Shell come non sufficiente, in quanto non concreta e piena di condizionalità, portando la compagnia stessa a violare il suo obbligo di riduzione ed ha obbligato la multinazionale a porre come obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del 45% entro il 2030. Solo poco tempo prima, l’amministratore delegato di Shell, Ben van Beurden, aveva respinto forti politiche ambientali durante l'assemblea generale annuale di questo mese affermando che la riduzione delle emissioni di CO2 sarebbe stata possibile solo riducendo le performance economiche della azienda. [ii]
Shell ha detto di essere “delusa” e prevede di appellarsi alla sentenza nonostante essa arrivi in un momento storico dove vi è una crescente pressione sulle compagnie energetiche da parte di investitori, attivisti e governi per allontanarsi dai combustibili fossili e aumentare rapidamente gli investimenti nelle energie rinnovabili. Di recente, le più grandi aziende emettitrici di CO2 del mondo sono sottoposte grandi pressioni al fine di fare corrispondere i loro obiettivi di emissioni a breve, medio e lungo termine con l’accordo di Parigi sul clima.
Nonostante Shell affermi di investire miliardi di dollari in energia a basse emissioni di carbonio, tra cui la ricarica dei veicoli elettrici, idrogeno, rinnovabili e biocarburanti, emerge sempre più necessaria l’attuazione di nuovi modelli economici e di società per affrontare il cambiamento climatico. Accelerare gli sforzi per diventare una società energetica a emissioni nette zero entro il 2050 è un obiettivo ambizioso ma difficile da raggiungere senza un percorso programmatico. [iii]
La sentenza potrebbe avere conseguenze importanti per altri grandi inquinatori. Non solo i governi ma anche le aziende stesse possono essere portatori di nuove politiche climatiche: in tal senso, la sentenza del tribunale olandese risulta la sentenza più significativa in materia di cambiamento climatico. Uno dei primi casi di successo sul clima era sempre stato in Olanda, dove la Corte Suprema nel 2019 aveva confermato una sentenza che richiedeva al Governo di tagliare le emissioni di almeno il 25% entro la fine del 2020, rispetto ai livelli di riferimento del 1990. [iv]
A febbraio 2021, in una causa intentata da quattro organizzazioni non governative, un tribunale di Parigi ha stabilito che il Governo francese non avesse intrapreso azioni sufficienti per combattere il cambiamento climatico. Invece, ad aprile 2021, il tribunale tedesco ha detto che il governo federale deve fissare obiettivi più chiari sulle modalità per ridurre le emissioni di gas serra dopo il 2030. [v]
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