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Ricostruire Meglio: è tempo per un nuovo capitalismo? (Parte 1)

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Mentre la pandemia COVID-19 continua a fare notizia in tutto il mondo, così anche lo fanno gli appelli per ricostruire meglio (“Build Back Better”). Il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres ha denunciato, in diverse occasioni, la fragilità delle nostre istituzioni socioeconomiche di fronte alle diverse crisi globali. Il World Economic Forum ha lanciato l’iniziativa The Great Reset attraverso la quale cerca di promuovere la progettazione di nuovi sistemi basati su un nuovo contratto sociale per ridurre le disuguaglianze e passare a un'economia digitale e “verde” per ridurre la nostra impronta ecologica (I). Anche Papa Francesco è stato estremamente esplicito nel chiedere una società più giusta, sostenibile e premura. Ma cosa significa questo?


Applicato al contesto attuale, per ricostruire meglio si intende l'utilizzo della pandemia COVID-19 come opportunità per accelerare un cambiamento sistemico radicale basato sui principi di resilienza, inclusività e sostenibilità. Di solito, i dibattiti su come raggiungere questo obiettivo iniziano con considerazioni economiche, il quale implica che la strada per costruire un mondo migliore inizia con la riforma dell'economia globale. Ma perché? Perché abbiamo bisogno di una nuova forma di capitalismo?


L’economia al servizio delle persone vs. le persone al servizio dell'economia


L’attuale economia globale risale agli anni ‘80, quando l'ascesa di governi conservatori nelle democrazie occidentali, ha consolidato la supremazia del libero mercato e il minimo intervento statale nell’economia; e ha permesso il principio della supremazia del valore per gli azionisti (II). Quest'ultimo principio rappresenta una riformulazione dello scopo delle imprese private; mentre nei decenni precedenti le imprese consideravano il loro scopo di essere al servizio dei bisogni sociali, dopo gli anni ‘80, è diventato quello di massimizzare il profitto degli azionisti (quelli che possiedono una parte dell’azienda). In questo modo, altri importanti attori economici, come i consumatori e i lavoratori, iniziarono ad essere trattati come di importanza residuale nelle decisioni aziendali (III) e così è nata l’economia azionaria che oggi è sotto esame, aggravata dalla pandemia.


Nel mondo di oggi, la definizione di una impresa di successo è quella che genera il maggior reddito per i propri azionisti nel minor tempo possibile, indipendentemente dal fatto che le loro attività siano al servizio dei bisogni e delle esigenze sociali e se essi sottraggano risorse agli investimenti a lungo termine nella produttività aziendale, nello sviluppo sociale e nella tutela dell’ambiente (ad es. programmi di formazione dei dipendenti, produzione di beni essenziali, riduzione dell'impronta ecologica, ecc.).


Questi difetti fondamentali dell’attuale modello di capitalismo globale – la visione esclusiva al breve termine, il primato di valore per gli azionisti e la quasi totale assenza dello Stato nella guida dell'attività economica - producono una serie di cicli viziosi che attraversano la dimensione ambientale e sociale dello sviluppo (III) (IV).


Persone lasciate indietro


Se le economie di oggi sono guidate dall'obiettivo di massimizzare il reddito di coloro che possiedono aziende, cosa succede con tutti gli altri coinvolti nei processi produttivi e che dipendono sui beni e servizi finali? La triste risposta è che essi - essendo attori meno importanti nell’economia rispetto agli azionisti – sono lasciati indietro nel processo di sviluppo capitalistico. Il principio della supremazia del valore per gli azionisti è risultato nella concentrazione della ricchezza in una manciata di individui già ricchi che raramente arriva a la gente comune (IV). Secondo Oxfam, nel 2019, 2153 miliardari in tutto il mondo erano più ricchi di 4,6 miliardi di persone, e l'1% della popolazione mondiale aveva più del doppio della ricchezza di 6,9 miliardi di persone.


Per di più, la mancanza di investimenti a lungo termine nella produttività e nello sviluppo, derivante dalla visione a breve termine, priva le persone e i lavoratori di servizi essenziali che potrebbero garantire la sicurezza del lavoro, l’occupabilità futura, e la resilienza di fronte a un'economia sempre più meccanizzata (cioè i piani sanitari e l’istruzione e formazione). Di conseguenza, coloro che non possiedono azioni, ma che in realtà contribuiscono allo (e dipendono dallo) sviluppo sociale, vengono lasciati indietro nel processo di innovazione, espansione e concorrenza del capitalismo, con un conseguente aumento nelle disuguaglianze sociali all'interno dei paesi e tra di essi.


Mentre la ricchezza diventa sempre più concentrata nelle mani di pochi individui, lo stesso vale per il potere politico e la rappresentanza. Gli azionisti e le imprese, erroneamente considerati i principali produttori di valore economico, acquisiscono una maggiore influenza sui processi decisionale politici e, data l'assenza dello Stato nell'economia, non c’è un reale impedimento all’accumulo di ricchezza da parte delle aziende e all’esternalizzazione dei costi reali delle loro operazioni (V) .



Vivere al di là dei nostri mezzi


L'espansione della popolazione mondiale e dell'impresa azionaria ha enormi impatti sul pianeta; tanto che l'umanità ha acquisito la capacità di accelerare i cambiamenti globali. Stiamo letteralmente interrompendo l'evoluzione naturale del nostro pianeta e plasmando il suo futuro. Stiamo mettendo così tanta pressione sulla nostra Terra, che minacciamo la sua capacità di sostenere la vita. Come?


Tutta la vita sulla Terra dipende da una serie di sistemi[1] profondamente interdipendenti, le cui interazioni forniscono servizi essenziali, come la produzione di ossigeno e cibo e la disponibilità di acqua per citarne solo alcuni, costituendo così la capacità della Terra di sostenere la vita e rigenerarsi (VI). Tuttavia, questi sistemi hanno dei limiti che mantengono tutto l’ecosistema in equilibrio e forniscono uno spazio fisico per lo sviluppo umano sostenibile, denominati confini planetari. Al di là di questi confini, si potrebbero innescare cambiamenti globali irreversibili e imprevedibili.


Negli ultimi decenni sono stati identificati 9 confini planetari - l’impoverimento dell'ozono stratosferico, la perdita di biodiversità, l’inquinamento chimico, il cambiamento climatico, l’acidificazione degli oceani, il cambiamento dei sistemi terrestri, il consumo di acqua, flussi geochimici, l’uso di aerosol (VII) – ma sotto il capitalismo azionario che tiene poco conto di tutto ciò che è diverso dal profitto, abbiamo superato 4 dei 9 confini planetari.

  • Il cambiamento climatico: gli anni più caldi della storia dell’umanità si sono verificati negli ultimi 5 anni. La concentrazione dei gas serra nell’atmosfera intrappola il calore del Sole, aumentando così le temperature medie globali, che hanno raggiunto il loro picco nel 2016, 2019 e 2020 (VIII) (IX). Nonostante una riduzione del 7% delle emissioni nel 2020 rispetto al 2019 (dovuta al calo dell'attività industriale causato da COVID-19) (X), ci stiamo rapidamente avvicinando a uno scenario in cui il cambiamento climatico innesca cambiamenti imprevedibili e irreversibili nell'ecosistema globale e minacci tutta la vita sul pianeta.

  • La perdita di biodiversità: la distruzione dell'habitat, il sovrasfruttamento della flora e fauna selvatica e l'inquinamento, hanno iniziato la sesta era di estinzione di massa nella storia del pianeta (XI). Le specie selvatiche stanno scomparendo a un ritmo simile a quello dell'estinzione dei dinosauri, ma questa volta l’economia azionaria è la meteora (IX). Perché dovrebbe interessarvi? La biodiversità è una barriera essenziale contro la diffusione di epidemie e dei virus zoonotici… come COVID-19.

  • Il cambiamento di destinazione d’uso del suolo: ecosistemi primari e diversificati, come la foresta amazzonica in Sudamerica, vengono convertiti in terrenti coltivabili adatti alla produzione di monoculture, spazio fisico per le infrastrutture, ecc., e non possono più sostenere la biodiversità e i servizi vitali (IX).

  • Inquinamento chimico: i prodotti chimici artificiali impiegati nella produzione industriale e agricola hanno generato un eccesivo inquinamento chimico, con gravi conseguenze sui processi atmosferici e sull'integrità genetica della fauna selvatica (VII).

Fatti e cifre come questi, così come gli Earth Overshoot Days che vengono annunciate in date anticipate ogni anno, sono chiare indicazioni che stiamo vivendo al di là delle nostre possibilità. Come potremmo non farlo quando il capitalismo azionario è intrinsecamente orientati verso l'espansione illimitata dell’attività umana e ignora le cose che hanno un reale valore per la società? Questo non è più un sistema fattibile; gli avvertimenti sono molto chiari. Abbiamo bisogno di un cambiamento fondamentale nelle nostre istituzioni socioeconomiche per costruire la nostra capacità di sviluppo futuro, rimodellare l'economia in modo che serva gli obiettivi comuni delle nostre società (non solo degli azionisti) e rispetti le limitazione fisiche imposte dal nostro pianeta. Quindi, qual è l'alternativa?


[1] Geosfera (terra), idrosfera (acqua), atmosfera (sostanze chimiche naturali), biosfera (organismo vivente) e criosfera (calotte glaciali)


 

Building Back Better - Why do we need a new form of capitalism? (Part 1)


As the COVID-19 pandemic continues to make headlines across the world, so have calls from high-level political forums and leaders to build back better. UN Secretary General Antonio Guterres has on several occasions denounced the fragility of our socioeconomic institutions in the face of global crises. The World Economic Forum launched The Great Reset initiative through which it seeks to promote the design of new systems based on a new social contract to reduce inequality and transition to a digital and green economy to reduce our ecological footprint (I). Even the Pope has been extremely vocal in calling for a more just, sustainable and caring society. But what does this mean?


Applied to the current context, building back better refers to using the COVID-19 pandemic as an opportunity to accelerate radical systemic change based on the principles of resilience, inclusivity, and sustainability. More often than not, conversations about how to achieve this begin with economic considerations, implying that the route to build a better world starts with reforming the global economy. But why? Why do we need a new form of capitalism?



Economy serving people vs. people serving the economy


The current global economy dates back to the 1980s when the rise of conservative governments in Western democracies consolidated the supremacy of free-markets and minimal state intervention in economics; and paved the way for the principle of primacy of shareholder value (II). This last principle represents a reformulation of private company purpose; whereas in previous decades companies considered their purpose to be to serve social needs, after the 1980s, it was to maximize profit for shareholders (those that own a portion of the company). In this way, other important economic actors, like consumers and workers, began to be treated as of residual importance in business decisions (III) and thus was born the shareholder economy that today is under scrutiny, aggravated by the pandemic.


In today’s world, the definition of a successful enterprise is that which generates the most income for its shareholders in the shortest amount of time, regardless of whether their activities serve social needs, and whether they divert resources away from long-term investments in company productivity, social development and environmental protection (e.g. employee training programs, production of essential goods, reducing ecological footprints, etc.). These fundamental flaws in the current model of global capitalism – short-termism, primacy of shareholder value and the near-complete absence of State in guiding economic activity – trigger a series of vicious cycles that cut across the environmental and social dimension of development (III) (IV).



People left behind


If today’s economies are driven by the goal of maximizing the income of those that own companies, what happens to everyone else involved in production processes and rely on final goods and services? The sad answer is that they – being less-important actors in the economy than shareholders – are left behind in the process of capitalist development. The principle of shareholder primacy has led to the concentration of wealth in a handful of already wealthy individuals that rarely trickles down to ordinary people (IV). According to Oxfam, in 2019, 2153 billionaires across the world were richer than 4.6 billion people, and 1% of the world’s population had over twice as much wealth as 6.9 billion people. What is more, the lack of long-term investments in productivity and development resulting from short-termism, deprives people and workers of essential services that could ensure job security, future employability, and resilience in the face of an increasingly mechanized economy (i.e. health plans, education and training). As a result, those that do not own company shares, but actually contribute to (and depend on) social development, are left behind in the process of capitalist innovation, expansion, and competition, leading to increasing social inequality within and between countries.


As wealth becomes increasingly concentrated in the hands of a few powerful individuals, so does political power and representation. Shareholders and corporations, wrongfully considered to be the primary producers of economic value, acquire greater leverage over political decision-making process and, given the absence of the State in the economy, there is no real impediment to corporations accumulating wealth and externalizing the true costs of their operations (V).



Living beyond our means


On the other hand, the expansion of the world population and the shareholder enterprise has enormous impacts on the planet; so much so that humanity has acquired the capacity to accelerate global changes. We are literally interrupting the natural evolution of our planet and shaping its future. We are putting so much pressure on our Earth that we are threatening its capacity to sustain life. How?


All life on Earth depends on a series of earth systems[1] that are deeply interdependent, and whose interactions provide essential services, like oxygen and food production and water availability to name a few, thereby constituting the Earth’s ability to sustain life and regenerate itself (VI). However, these systems have thresholds that keep the Earth system in equilibrium and provide a physical space for sustainable human development, known as planetary boundaries. Beyond these boundaries, irreversible and unpredictable global changes could be triggered. In recent decades, 9 planetary boundaries have been identified: stratospheric ozone depletion, biodiversity loss, chemical pollution, climate change, ocean acidification, land-systems change, water consumption, geochemical flows, aerosol use (VII). Under a shareholder capitalism that pays little regard to anything other than profit, we have exceeded 4 out of 9 planetary boundaries.


  • Climate change – the hottest years in human history have occurred in the past 5 years. Increasing carbon emissions trap the Sun’s heat inside our atmosphere, thereby increasing average global temperatures, which peaked in 2016, 2019 and 2020 (VIII) (IX). Despite a 7% reduction in emissions in 2020 relative to 2019 (due to the drop in industrial activity caused by COVID-19) (X), we are rapidly approaching a scenario in which climate change triggers unpredictable and irreversible changes in the global ecosystem and threatens all life on the planet.

  • Biodiversity loss – habitat destruction, overexploitation of wildlife and pollution have triggered the sixth era of mass extinction on the planet’s history (XI). Wildlife species are disappearing at a rate similar to the extinction of dinosaurs; expect this time shareholder capitalism is the meteor (IX). Why should you care? Biodiversity is an essential barrier against the spread of epidemics and zoonotic viruses… like COVID-19.

  • The land-use change - primary and diverse ecosystems, like the Amazon rainforest, are being converted into arable land fit for monoculture production, physical space for infrastructure, etc., and can no longer support biodiversity and life-sustaining services (IX).

  • Chemical pollution – man-made chemicals employed in industrial and agriculture production has generated excessive chemical pollution, having grave consequences on atmospheric processes and the genetic integrity of wildlife (VII).


Facts and figures such as these, as well as Earth Overshoot Days being announced on earlier dates every year are clear indications that we are living beyond our means. How could we not when shareholder capitalism is inherently oriented towards the limitless expansion of human activity and ignores things that are of real value to society? This is no longer a feasible system; the warnings are abundantly clear. We need a fundamental change in our socioeconomic institutions to build our capacity for future development, reshape the economy so that it serves the common goals of our societies (not just shareholders) and respects the physical limitations imposed by our planet. So, what is the alternative?

[1] Geosphere (land), Hydrosphere (water), Atmosphere (natural chemicals), Biosphere (living organism) and Cryosphere (ice sheets)


 

Referenze /References


(III) New Economics Foundation. 2017. Shareholder Capitalism – A System in Crisis [pdf]. Available at LINK

(IV) Clark, B., Auerbach, D., Longo, S.B. 2018. The bottom line: capital’s production of social inequalities and environmental degradation. Journal of Environmental Studies and Sciences [e-journal]. 8. pp. 562–569. Available at LINK

(V) Cushing, L., Morello-Frosch, R., Wander, M., Pastor,M. 2015. The Haves, the Have-Nots, and the Health of Everyone: The Relationship Between Social Inequality and Environmental Quality. Annual Review of Public Health [e-journal]. 36. pp. 193-209. DOI: 10.1146/annurev-publhealth-031914-122646

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