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Ripensare i Decreti Sicurezza

Negli ultimi tempi l’approccio securitario, cioè che inquadra l’immigrazione sostanzialmente come un problema di sicurezza, ha plasmato molte delle scelte in tema di accoglienza in Italia.


Pensare al di fuori di questi schemi è divenuto quasi controintuitivo, anche perchè se guardiamo ai due “Decreti Sicurezza”, tra le misure più distintive del Conte I, poi, l’associazione tra immigrazione e sicurezza è suggerita anche a livello semantico. Dei Decreti Sicurezza se ne sono dette tante. Alcuni politici ne hanno tessuto le lodi, presentandoli come soluzione per il “problema” immigrazione in Italia. Altri li hanno mal digeriti, ostacolati e mai ritenuti all’altezza dell’ambizioso compito. Dopo che nell’estate 2019, la nuova maggioranza ha fatto della loro abolizione uno slogan di discontinuità, i Decreti Sicurezza sono tornati di recente in cima all’agenda politica.


Il 9 luglio la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima una parte del primo “decreto sicurezza” (decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113) (i) approvato dal governo giallo-verde nel 2018. La norma in questione è contenuta nell’articolo 13 e prevede l’esclusione dal registro anagrafico dei richiedenti asilo, norma che di fatto esclude la possibilità per i richiedenti di presentare domanda di residenza presso un comune italiano. La corte ha dichiarato l’articolo 13 incostituzionale ai sensi dell’art. 3 della Costituzione per irrazionalità intrinseca e per irragionevole disparità di trattamento (ii). Questo significa che l’esclusione dal registro anagrafico non solo è irrilevante ai fini del decreto sicurezza, ma preclude anche servizi essenziali ai richiedenti.


La decisione della Corte arriva dopo quasi due anni dal primo dei due Decreti e dopo numerosi dibattiti sul loro contenuto. Dalla loro presentazione in pompa magna, i decreti hanno innescato accese discussioni tra le varie forze parlamentari. Il PD si è opposto fermamente sin dal principio, mentre la Lega ha puntato molto sul Decreto e ha potuto contare sull’appoggio del M5S. Con il cambio di maggioranza e i continui richiami alla “discontinuità”, ci si aspettava quantomeno una celere modifica dei Decreti, ma a conti fatti la ministra Lamorgese ha presentato alla maggioranza la prima bozza per le modifiche solo il 9 luglio.


In attesa di cosa deciderà il governo riguardo la modifica dei due Decreti (113/2018 e 53/2019), conviene fare un passo indietro e ripercorrere ed esaminare i risultati materiali della loro entrata in vigore.


Il primo Decreto Sicurezza ha eliminato il permesso di soggiorno per motivi umanitari, presente invece nel testo unico sull’immigrazione, sostituendolo con permessi speciali dalla durata più breve. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, UNHCR, commentando questa norma aveva invitato il governo “a mantenere flessibilità nell’uso del suo potere discrezionale, considerando ragioni umanitarie o compassionevoli, nella valutazione di forme complementari di protezione” (iii).

Il decreto-legge (DL) ha inoltre introdotto la possibilità di trattenere i migranti fino a 180 giorni nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) al fine di verificarne l’identità. I richiedenti asilo invece possono ora essere trattenuti fino a 30 giorni negli hotspot e se necessario altri 180 nei Cpr. Questa norma aumenta sostanzialmente il periodo in cui le autorità possono trattenere una persona con il solo fine di verificarne l’identità. Tra i provvedimenti introdotti, uno dei più controversi è contenuto nell’art. 12 e prevede la riorganizzazione dello Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Gli Sprar erano considerati come un esempio positivo di integrazione locale e supporto per i rifugiati. Questi istituti di seconda accoglienza, promossi su base comunale e locale, rappresentavano un tassello chiave per l’integrazione nella società civile di rifugiati e richiedenti.


Tra gli altri provvedimenti la sopracitata esclusione dal registro anagrafico, il diniego di della protezione internazionale in caso di condanna e la lista “Paesi Sicuri”.


Il secondo Decreto (iv), noto come Decreto Sicurezza Bis, è stato approvato nel giugno 2019 con il fine di integrare il primo decreto. Il DL 53/2019 conferisce al ministro dell’interno il potere di chiudere i porti per tutelare ordine e sicurezza interna e per evitare il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Inoltre, sono state introdotte sanzioni specifiche per chi viola il divieto di ingresso in acque italiane: sanzioni pecuniarie, confisca della nave e eventualmente anche l’arresto del capitano. Questa norma è stata applicata successivamente nel caso Sea-Watch e della comandante Carola Rackete.


I risultati dei due Decreti non sono stati quelli auspicati dall’ex ministro degli interni Salvini. Tra gli obiettivi prefissati c’erano: una drastica diminuzione degli sbarchi, una riduzione degli irregolari sul territorio e l’aumento dei rimpatri. Tuttavia, i dati ci dicono che in realtà le cose sono andate diversamente.


Un’analisi dell’ISPI (v) mostra i dati sull’immigrazione in relazione ai provvedimenti dei Decreti Sicurezza.


Come è possibile vedere in questo grafico gli sbarchi dopo l’entrata in vigore del dei due decreti sono diminuiti ma in continuità con un trend già ravvisato precedentemente. Anzi, rispetto al governo precedente la diminuzione degli sbarchi è rallentata tra fine 2018 e inizio 2019.



Il numero di rimpatri al mese invece è rimasto costante, dato che dimostra la difficoltà della procedura di rimpatrio.



Il numero di nuovi irregolari continua invece ad aumentare. Le linee arancioni nel grafico mostrano l’incremento di migranti irregolari in seguito all’abolizione del permesso umanitario e il conseguente aumento di dinieghi di protezione. Come visto nel grafico precedente i rimpatri non sono aumentati quindi il numero di nuovi irregolari è destinato a salire.


I risultati negativi invece sono più evidenti. I Decreti Sicurezza hanno annullato quasi totalmente gli aiuti umanitari per i richiedenti asilo che non ottengono lo status di rifugiato. Infatti, i nuovi permessi speciali si sono dimostrati inadeguati di fronte al numero di domande, lasciando senza protezione sempre più persone.



In linea generale è evidente che i tanto discussi Decreti Sicurezza non hanno avuto l’effetto desiderato dal governo precedente, ora non resta che aspettare la decisione della nuova maggioranza riguardo alle modifiche da apportare.


Referenze:

(i) Decreto-legge 113/2018, Ottobre 2018, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

(ii) Comunicato del 9 luglio 2020, Corte Costituzionale Italiana.

(iii) Nota tecnica dell’UNHCR sul Decreto Legge 4 ottobre 2018, n.113, Ottobre 2018, pubblicato da UNHCR.

(iv) Decreto-legge 53/2019, Giugno 2019, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

(v) Matteo Villa, 2020 Migrazioni in Italia: tutti i numeripubblicato da ISPI.


Foto di copertina: Luigi Narici/AGF pubblicata su Openpolis

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