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Soluzioni (parziali) contro il dilagare della plastica

Nel 2015 nel mondo sono stati prodotti 405 milioni di tonnellate di plastica. I grandi numeri sono spesso difficili da visualizzare: stiamo parlando dell’equivalente del peso di 4050 navi da crociera che, messe in fila, coprono la distanza tra Venezia e Palermo.

Continuando con questo trend si arriverà a 1600 milioni di tonnellate nel 2050, il quadruplo della produzione odierna. (1)

Non è però così utile pensare all’incremento annuale, poiché la plastica, se dispersa o lasciata in discarica, ha tempi di degradazione molto lunghi: la prima bottiglietta di plastica mai prodotta verrà degradata dall’ambiente nel 2420. Al momento, quindi, sulla terra sono passati 8,3 miliardi di tonnellate di plastica e l’80% di questo totale è stato lasciato in discarica o disperso. Parliamo di 6,3 miliardi  di tonnellate, di cui 150 milioni negli oceani. (2)

Ricercatori e decisori pubblici si sono interrogati sul modo migliore per affrontare questo problema: una parziale soluzione è stata quella di sostituire parte della plastica ordinaria con bioplastiche o plastica riciclata.


Sono tre i problemi principali che la plastica porta con sé durante il suo ciclo di vita: l’uso di petrolio, la materia prima non rinnovabile necessaria per produrla; il processo energicamente intensivo per trasformarlo in plastica e lo smaltimento, spesso scorretto, che porta danni ai nostri ambienti naturali.


Il primo problema sta nell’uso del petrolio nella produzione di un materiale così diffuso come la plastica: oltre ad essere una risorsa scarsa questa è responsabile di numerosi disastri ambientali e politici. Per la produzione di plastica viene utilizzato tra il 4% e l’8% del petrolio mondiale, e questa percentuale è in crescita. (1) 

La plastica prodotta attraverso il riciclo risolve il problema ma ha spesso caratteristiche estetiche e funzionali peggiori: ha infatti solo due cicli di vita, dopodichè viene bruciata o messa in discarica e il petrolio è nuovamente necessario.

Le bioplastiche risolvono questo primo problema: per definizione le bioplastiche sono prodotte con materie prime rinnovabili dalle quali vengono estratti amido, cellulosa e proteine. Questo processo comporta però alcune complicazioni: pensiamo, ad esempio,  a quante zone dovrebbero essere riconvertite a colture di mais e patate, sacrificando la possibilità di coltivare altro o riducendo il suolo vergine e l’acqua. 


Il secondo problema è quello dell’energia utilizzata nel trasformare il petrolio in plastica: il processo è energicamente intensivo e ha prodotto, nel 2012, l’1% delle emissioni di gas serra mondiali.

Il riciclo riduce notevolmente questa problematica, producendo la metà delle emissioni rispetto al processo di creazione di plastica nuova. (1)

Per quanto riguarda le bioplastiche, invece, la loro produzione unitaria crea il 25% di gas serra in meno rispetto a quella della plastica tradizionale . (3) 


Il terzo problema è poi relativo alla creazione e alla gestione dei rifiuti prodotti. La plastica, se dispersa nell’ambiente terrestre e marino crea danni alla flora e alla fauna locale: costituisce infatti un pericolo fisico per la fauna, ed uno chimico a causa delle sostanze rilasciate e di microplastiche, che si bioaccumulano fino ad arrivare a noi. Esiste poi un danno economico tangibile: è stato calcolato che il turismo costiero perda 13 miliardi di dollari all’anno a causa del sempre crescente quantità di rifiuti presenti sulle coste. (1)

Anche la gestione dei rifiuti attraverso il riciclo crea problemi: non è infatti un processo particolarmente efficiente (c’è chi parla di downcycle, e non di recycle, quando si parla di plastica). I diversi tipi di plastica, se vengono riciclati insieme, creano un plastimix difficile da riutilizzare e questo processo è spesso economicamente sconveniente rispetto alla termovalorizzazione. Una soluzione a questo problema potrebbe essere quella di riciclare separatamente i diversi tipi di plastica. 

Attualmente, poi, viene riciclato globalmente solo il 14-18% della plastica prodotta. (5)

Alcuni tipi di bioplastiche risolvono il problema della gestione dei rifiuti: non tutte le bioplastiche sono infatti anche compostabili. Quelle che lo sono, però, hanno il vantaggio di rimanere al massimo 6 mesi nell’ambiente prima di essere degradate e nel farlo non rilasciano sostanze dannose. La compostabilità tende a calare nell'ambiente marino, costituendo comunque un problema per la fauna acquatica.


I tre problemi principali della plastica possono essere risolti solo parzialmente dall’uso di plastiche riciclate o biodegradabili (che sono comunque preferibili sotto molti punti di vista). La ricerca è attiva e fa progressi nel cercare alternative alla plastica, specialmente rispetto all’usa e getta e in vista delle restrizioni europee al 2021. 

Nell’attesa di soluzioni alternative individualmente possiamo continuare a ridurre, rendendo riutilizzabili gli oggetti in plastica attualmente usa e getta e allungando il ciclo di vita degli stessi, per limitare l'impatto dei tre problemi affrontati in precedenza. Nel frattempo è bene utilizzare le alternative alla plastica, dove impossibile eliminare.



Referenze


  1. OECD. (2018). Improving Plastics Management: Trends, policy responses, and the role of co-operation and trade.

  2. WWF (2018). I numeri della plastica nel mondo.

  3. Veronica Ulivieri. (2018). Plastiche biodegradabili, gli scienziati: associarle alle rinnovabili. La Repubblica.

  4. Maša Šprajcar, Petra Horvat, Andrej Kržan. (2012). Biopolymers and bioplastics. Plastics aligned with nature. Plastice. 

  5. Eugenio Cau. (2020). Riciclare la plastica ha davvero senso? Il Post.

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