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Studiare al Nord conviene?

Nel precedente articolo della rubrica[1] si è parlato di come il fenomeno della migrazione interna dalle regioni meridionali verso il nord, in particolare dei giovani laureati, rappresenti un inesorabile impoverimento delle zone dalle quali questi provengono.

Ma facciamo un passo indietro, concentrandoci sui ragazzi, neodiplomati, che scelgono un’università del nord per proseguire i propri studi.


Secondo La Repubblica[2], che cita uno studio condotto dallo SVIMEZ, il 25,6% degli studenti meridionali, ossia 175.000 su 675.000, ha scelto di spostarsi al Centro-nord; il movimento opposto riguarda, al contrario, solamente 18.000 studenti, ossia l’1,9% del totale.

Qual è la logica, ammesso che ci sia, che sta dietro ad una scelta di questo tipo?


A prescindere da ogni valutazione soggettiva (come può essere la crescita personale e la propria fame di cultura), ma attenendoci strettamente all’ambito economico, la scelta di intraprendere una carriera universitaria è molto chiara: si tratta di un investimento in capitale umano.

Un soggetto sceglierà di proseguire il suo percorso se il valore del reddito futuro atteso è maggiore del reddito atteso in assenza di quel grado di istruzione, al netto dei costi sostenuti durante gli anni dedicati agli studi (diretti ed indiretti, come le tasse universitarie e il canone d’affitto) e del costo opportunità del mancato salario non percepito sempre durante quegli anni[3].

Possiamo ipotizzare, quindi, una scelta razionale da parte degli individui: studiare in un’università del nord dovrebbe garantire, teoricamente, un ritorno dell’istruzione, un reddito futuro atteso, maggiore.

Vediamo ora se i dati sembrano confermare questa teoria.


Secondo un’analisi del Sole24ore[4], che riporta i dati ottenuti da un’indagine condotta da Alma Mater[5], sembra effettivamente esistere una differenza sia a livello di probabilità di trovare rapidamente un impiego sia per quanto riguarda la retribuzione che quella prima occupazione garantirà.

Considerando i dati relativi a chi è in possesso di una laurea magistrale, sulla vetta troviamo l’Università di Bolzano, con una retribuzione media mensile di 2000€ e ben il 94% dei neolaureati occupati a tre anni dalla laurea. Al lato opposto abbiamo invece l’università di Enna Kore, con solo il 57% di ex studenti occupati alla stessa distanza dalla laurea e una retribuzione media di 867€.

A prescindere da questi casi estremi, i dati mostrano una chiara disparità: le cinque università che spiccano in senso positivo per entrambi i parametri presi in considerazione sono, come già detto, l’Università di Bolzano, seguita da Liuc, Università di Brescia, Politecnico di Torino, Università degli Studi dell’Insubria. Al contrario, i risultati peggiori sono ottenuti, oltre alla già citata Enna Kore, da Napoli Benincasa, Università di Chieti e Pescara, Molise e Messina.


Ovviamente, questi dati non tengono in considerazione fattori di primaria importanza come le facoltà proposte da ogni università: gli atenei con un’offerta più variegata saranno più svantaggiati rispetto a quelli specializzati in discipline che offrono sbocchi maggiori e tendenzialmente meglio retribuiti. A scopo indicativo, secondo La Repubblica[6], la RAL (Retribuzione Annua Lorda) per i laureati dai 24 ai 35 anni, varia dai 35.410€ di Scienze biologiche ai 25.242€ di Scienze pedagogiche e psicologiche (dati del 2018).

Questa osservazione non conclude sicuramente l’analisi: se ad esempio confrontiamo due atenei milanesi come l’Università degli Studi di Milano Bicocca e la IULM (Libera Università di Lingue e Comunicazione), nonostante abbiano caratteristiche differenti (offerta più ampia e variegata la prima, più specializzata la seconda), otteniamo risultati simili: a fronte di una percentuale di studenti occupati del 91%, troviamo nel primo caso una retribuzione media di 1359€, contro 1448€ medi della seconda (per il 2018)[7].


Abbiamo però detto che il reddito futuro atteso va considerato al netto dei costi, diretti ed indiretti; quindi, se il discorso sulle tasse universitarie risulta abbastanza complesso e i dati sono difficilmente comparabili a causa della distinzione tra università private e pubbliche in primis e per le differenze regionali in tema di borse di studio e calcoli annessi in secundis, diverso è il discorso per i costi indiretti.

Per il solo canone d’affitto, ad esempio, si passa dai 14,23€ al metro quadro di Bolzano, ai 4,22€ al metro quadro di Enna (prezzi medi calcolati da Immobiliare.it per luglio 2020). Quest’ultimo fattore, ovviamente, va tenuto in considerazione non solo per gli anni degli studi, ma anche per la futura vita lavorativa.


Insomma, per rispondere alla domanda iniziale, se da una parte i dati sull’occupazione ci portano ad affermare che un vantaggio c'è, possiamo anche dire che, al contrario, i dati sulla retribuzione, se non contestualizzati, sono inconcludenti.


Ad ogni modo, l’intenzione non è certo quella di affermare che gli atenei del nord garantiscano un insegnamento di qualità superiore, ma piuttosto constatare come una logica dietro i numeri riportati all’inizio effettivamente ci sia.

È naturale supporre che un giovane decida di sfruttare le opportunità lavorative offerte dal territorio in cui ha condotto i propri studi, andando quindi ad arricchirne il tessuto produttivo: è un cane che si morde la coda. I giovani si spostano alla ricerca di territori più ricchi da sfruttare, andando di conseguenza ad impoverire quelli da cui provengono.

Al tempo stesso, gli atenei faranno tesoro del prestigio ottenuto dai brillanti studenti laureati nelle loro aule e saranno in grado di attrarre migliori ricercatori, migliori insegnanti che a loro volta daranno il loro contributo sia a livello sostanziale che di mera reputazione.


Ma fino a che punto possiamo considerare questi ragazzi dei “cervelli rubati” al sud? Se, ad esempio, uno studente ha goduto per tutti i cinque anni di una borsa di studio finanziata o dalla regione in cui sta svolgendo gli studi o dall’università stessa, la questione diventa più complessa.

Se questo decidesse poi di ritornare nella regione in cui è cresciuto, come dovremmo considerarlo? Un cervello rubato al sud, le quali strutture l’hanno accompagnato dall’istruzione elementare fino al diploma, o al nord, che ha finanziato (letteralmente, nell’esempio che stiamo facendo) i suoi studi universitari?


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