Nell’articolo precedente[1], abbiamo accennato a come sia difficile valutare la differenza tra i costi diretti che deve affrontare chi frequenta un’università al nord e chi al sud. Abbiamo concluso che, prendendo in considerazione solamente una stima dei costi indiretti (come il canone d'affitto) e visti i numeri disponibili sul gap di retribuzione media ricevuta dai neo laureati dei due gruppi, non è possibile affermare che studiare al nord convenga.
Proviamo ora ad approfondire la questione dei costi diretti, ossia le tasse accademiche.
Utilizzeremo come base i dati del Miur su “contribuzione ed interventi atenei” relativi all'anno accademico 2017/2018[2], nello specifico i database “Esonero totale studenti”[3], “Contribuzione media atenei”[4]. Il primo riporta il numero, in termini assoluti, degli studenti dell’ateneo che hanno ottenuto un esonero totale dal pagamento delle tasse accademiche (d.lgs. 68/12 art. 9, c. 2)[5]; il secondo, invece, riguarda l’importo medio pagato dagli studenti, tenendo in considerazione solamente quelli “paganti”, ossia escludendo coloro i quali rientrano nei numeri citati nei primo database. Per rendere comparabili i dati qui citati, infine, utilizzeremo il database “Iscritti per ateneo”[6].
Per quanto riguarda la contribuzione media, non sorprende che la vetta della classifica sia occupata dagli atenei non statali, indipendentemente dalla loro posizione geografica: affianco alle università private di Milano (Bocconi, San Raffaele, IULM, Cattolica), troviamo le romane (LUISS, UNINT, Europea, LUMSA), ma anche LIUC e Napoli Benincasa. In media, la tassa richiesta degli istituti Non Statali è pari a 5269,89€.
Se ci focalizziamo sugli atenei statali, invece, al primo posto abbiamo il Politecnico di Milano (2241,33€), seguito da Venezia IUAV (2226,17€), Insubria (2104€), Università degli Studi di Pavia (2085,05€). Dal lato opposto, gli atenei che chiedono ai propri studenti le tasse più basse sono: Napoli L’Orientale (629,24€), Università degli Studi di Catania (770,19€), Chieti e Pescara (802,27€) e Salento (816,14€). La media, per gli atenei Statali, è di 1341,08€.
Dopo questo primo sguardo ai dati, possiamo sicuramente dire che la posizione geografica degli atenei rappresenti una variabile determinante nell’analisi della contribuzione media richiesta agli aspiranti dottori. Anche in questo caso, tuttavia, similmente a quanto detto riguardo alla retribuzione media a tre anni dalla laurea, le considerazioni non possono prescindere dalla valutazione del più generale costo della vita della regione nella quale si trovano.
Un dato che sembra però in contraddizione con quest’affermazione riguarda i due atenei individuati nel precedente articolo[7], come riportato dal Sole24ore[8], come quelli che garantiscono una retribuzione media più e meno elevata, ossia, rispettivamente, l’Università di Bolzano ed Enna Kore, entrambi non statali. Seppur entrambi siano al di sotto della media della loro categoria, la loro posizione sembra essere in qualche modo invertita: se la prima, con 1170,22€, si colloca addirittura al di sotto delle media degli atenei statali, stesso non si può dire della seconda, che con i suoi 3034,75€ si posiziona subito sotto i grandi atenei non statali milanesi e romani. Inoltre, tenendo in considerazione i numeri del secondo database, mentre nessuno studente dell’ateneo siciliano risulta essere beneficiario di borsa di studio (d.lgs. 68/12 art. 9, c. 2), nel capoluogo altoatesino sono ben 929 gli studenti che ne godono (su un totale di 3626, ossia il 25,62%). Questa percentuale risulta essere la terza più alta, dopo le Università per stranieri di Perugia e Siena (36,96% e 26,19%, rispettivamente).
Sotto questo punto di vista, gli atenei che garantiscono una migliore copertura dei costi ai propri studenti, eccetto le prime tre appena nominate, sono: Università degli studi di Cagliari (21,52%), di Catanzaro (19,15%), di Trento (15,34%) e di Aosta (13,37%). Insomma, la loro distribuzione è omogenea all’interno della nazione. Una fondamentale osservazione: i fondi sono di natura pubblica, regionale nello specifico, per cui questi dati vanno osservati tenendo a mente che rappresentano la quota del bilancio regionale che viene dedicata al diritto allo studio, e non erogazioni private di ciascun ateneo.
In conclusione, quindi, per tornare alla domanda iniziale sui costi diretti, possiamo concludere che, se da una parte gli atenei del nord richiedono apparentemente un maggiore esborso per le famiglie degli studenti; al tempo stesso la copertura uniforme nel paese degli esoneri dalle tasse garantisce una mitigazione di questa disparità.
Referenze
[2] http://dati.ustat.miur.it/dataset/2018-contribuzione-e-interventi-atenei [3] http://dati.ustat.miur.it/dataset/2018-contribuzione-e-interventi-atenei/resource/e82b9908-2a5e-4304-aa9d-cb0deb6a07bd
[4] http://dati.ustat.miur.it/dataset/2018-contribuzione-e-interventi-atenei/resource/1eb81181-c3c4-4d34-9561-83e31ccf3228 [5] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2012/05/31/012G0088/sg
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