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Un CEO vale davvero quanto 320 dipendenti?

Il Economic Policy institute ogni anno pubblica uno studio comparando lo stipendio dei CEO delle 350 più grandi aziende americane e quello dei loro dipendenti. L’ultimo rapporto è uscito il 18 agosto 2020 e mostra come nel 2019 il multiplo retributivo fra CEO e un lavoratore medio è di 320. In altre parole, un CEO guadagna quanto 320 lavoratori “normali” messi insieme. Un dato scioccante che diventa ancora più preoccupante se si considerando le tendenze storiche. Infatti, nel 1968 questo rapporto era solo 21. Quali fattori hanno permesso alle disuguaglianze salariali americane di gonfiarsi in tal modo?

L'evoluzione della paga dei CEO


Matematicamente, questa crescita è dovuta al fatto che lo stipendio dei CEO è aumentato più velocemente di quello dei loro dipendenti. La busta paga degli amministratori delegati (AD) è infatti aumentata più del 1000% (con tre zeri!) dal 1978. Nello stesso periodo, lo stipendio del loro lavoratore medio è salito a malapena del 14%. Un argomento spesso usato per giustificare questo divario è che lo stipendio dei CEO riflette la volontà delle imprese di attrarre i dirigenti più bravi e qualificati. Se questo fosse il caso, tutti i lavoratori meglio remunerati dovrebbero vedere i propri stipendi salire analogamente. Come si può però vedere nel grafico qui sotto, la busta paga dei CEO è cresciuta in dismisura anche in confronto a quelle dei 0,1% degli americani più benestanti. Dal dopoguerra fino al 1979 i CEO guadagnavamo in media 3.18 volte di più del 0.1% degli americani più ricchi. Oggi, guadagnano 6 volte di più. [i]


Da cos'è composto lo stipendio dei CEO?


Bisogna quindi capire qual è la particolarità degli stipendi dei CEO che li porta a crescere in tal modo. Analizzandone la composizione, si scopre che i tre quarti del loro stipendio è composto non da un salario fisso ma dalle azioni della propria impresa. La remunerazione degli amministratori delegati divenne quindi correlata con quella dei mercati finanziari: finché il prezzo delle azioni delle loro aziende continuava a salire, la loro paga si comportava nello stesso modo. Questa pratica, per quanto sembri comune al giorno d’oggi ai vertici delle multinazionali, in realtà per decenni non veniva implementata perché non era vantaggiosa. I redditi più alti venivano tassati severamente (l’aliquota marginale massima dell’imposta sul reddito era del 90%) quindi alle aziende non conveniva pagare generosamente i propri CEO se solo una frazione finiva nelle loro tasche. Inoltre, l’imposta sulle plusvalenze guadagnate sui mercati finanziarie – rivendendo un’azione ad un prezzo più alto di quando è stata comprata – era così alta che agli AD non interessava essere pagati con le azioni. Questo spiega perché per anni la busta paga dei dirigenti non era eccessivamente più alta di quella dei propri impiegati. Tutto questo cambiò negli anni ottanta quando Ronald Reagan diventò presidente degli Stati Uniti, mise in atto varie politiche che facilitarono la retribuzione dei CEO con azioni della azienda stessa. Le prime due furono l’abbassamento dell’aliquota marginale massima dell’imposta sul reddito e dell’imposta sulle plusvalenze. Per le aziende era però ancora proibito manipolare i prezzi delle proprie azioni. Per quello, Reagan revocò questo divieto e le aziende iniziarono a comprare le loro azioni anche chiamato buybacks. Tramite i buybacks, le aziende iniziarono quindi a pagare i loro CEO con azioni. Negli ultimi 15 anni, le imprese americane hanno speso il 94% dei loro profitti in buybacks a dividendi [ii].

Che impatti ha il buyback delle azioni?


Fino a qui, questo fenomeno sembra anche abbastanza innocuo. In realtà, usare i buybacks per remunerare gli esecutivi delle multinazionali può avere gravi conseguenze. La prima è la distorsione del mercato azionario. I CEO hanno la capacità di influenzare i prezzi delle azioni della loro azienda e potrebbero usare questo potere per arricchirsi. Un analisi governativa statunitense dimostra come gli 8 giorni successivi all’annuncio di un buyback, i dirigenti vendono in media 5 volte più azioni che in un giorno normale.


Per esempio, Craig Menear, il CEO di Home Depot, il più grande venditore al dettaglio statunitense di prodotti per la manutenzione della casa, nel 2018 annunciò che l’azienda stava contemplando l’idea di ricomprare 4 miliardi di dollari delle proprie azioni. Il giorno seguente, Craig vendette 110 000 delle sue azioni della società facendo un profitto di 18 milioni di dollari [iii].


La seconda conseguenza negativa di pagare i propri CEO con azioni è che i soldi spesi per i buybacks potevano essere invece spesi in modi più produttivi. Come mostra il diagramma, le aziende possono allocare i loro profitti in tre modi: o li rinvestono nell’azienda per renderla più produttiva, o li usano per aumentare i benefici dei dipendenti, o li distribuiscono agli investitori, tra cui i dirigenti.

Secondo gli economisti e i politici de destra (Repubblicani) statunitensi, aumentare i profitti delle imprese beneficia i lavoratori perché le ditte li ripartiranno a traverso i primi due canali. Questo argomento venne usato per giustificare il taglio delle imposte sul reddito delle società adottato da Trump nel 2017. Il Congressional Research Service, centro apolitico di ricerca del congresso americano, notò invece che nel 2018 le più grandi imprese americano comprarono un record di 806 miliardi di dollari delle proprie azioni. Un aumento del 55% in confronto all’anno precedente mentre gli stipendi dei dipendenti crebbero solo lievemente. Lo stessa cosa successe nel 2019. Per molti esperti questa è una prova tangibile che artificialmente aumentare la liquidità delle grandi imprese non sia un uno strumento efficace per dare supporto ai lavoratori [iv].


E’ naturale che un dirigente guadagni più di un dipendente medio. Ma il differenziale è troppo grande per essere giustificato dal maggiore impatto dei CEO sulla produzione economica. Quest’ultimi approfittano della loro posizione privilegiata per aumentare il loro stipendio a breve termine a detrimento dei loro impiegati. Questo a lungo andare riduce la produttività delle aziende e dei loro dipendenti. Ridurre queste disuguaglianze non è quindi solo etico, ma permette anche di aumentare la competitività delle aziende. Per disincentivare la distribuzione dei profitti agli investitori non si può tagliare le tasse alle impresa. Bisogna invece aumentare di nuovo le aliquote massime dell'imposta sul reddito e le imposte sul reddito delle società con un multiplo retributivo tra amministratori delegati e dipendenti medi troppo elevato.




Referenze




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